Matteo Zuppi è il nuovo presidente della Cei

Il neo Presidente della Cei Matteo Zuppi è in perfetta sintonia con Papa Francesco. Dal 2015 era Cardinale Arcivescovo di Bologna.

Matteo Zuppi è il nuovo presidente della Cei

Una nomina che sa di successione al soglio di Pietro quella del Cardinale Matteo Zuppi al vertice della Conferenza Episcopale Italiana. Una doppia profezia che ricorre nel suo destino fin dalla nascita: quinto di sei figli del giornalista romano Enrico Zuppi e di Carla Fumagalli, nipote del cardinale Carlo Confalonieri.

Dal 2015 Mons. Matteo Zuppi era Cardinale Arcivescovo di Bologna

Con la contestuale predestinazione vaticana della carismatica vocazione all’umiltà e all’assistenza dei poveri del futuro sacerdote, parroco e vescovo Ausiliare della Capitale, guida spirituale della Comunità di Sant’Egidio e dal 2015 Cardinale Arcivescovo di Bologna. Un porporato che risponde alle domande sui massimi sistemi con frasi semplici e sincere: “Sono un testimone del Vangelo. Mi prendo cura degli ultimi. Sono sempre stato un sacerdote che si è preoccupato di incontrare il prossimo e non perché ero un prete moderno, ma semplicemente perché questo è il principale compito della Chiesa”.

Il neo Presidente della Cei è in perfetta sintonia con Papa Francesco

In perfetta sintonia con Papa Francesco, il neo Presidente della Cei, un Presidente giovane per l’anagrafe vaticana, 67anni, ha evidenziato come la Chiesa deve restare aperta, lasciando da parte il timore di non essere compresa o di essere una minoranza. Perché alla fine il bene ha sempre il sopravvento sul male. Di grande significato morale e civile è in proposito il richiamo e il riferimento al tema della giustizia e della verità della Cei in concomitanza con la nomina del Cardinale Zuppi al vertice della Conferenza Episcopale, una dichiarazione che impegna tutti i vescovi italiani: “Proprio in questi giorni, a distanza esatta di trent’anni, stiamo commemorando i morti della strage di Capaci e di via d’Amelio, in cui hanno tragicamente perso la vita i giudici Falcone e Borsellino, insieme con altri familiari e servitori dello Stato. È l’occasione per fare memoria anche di Rocco Chinnici, Piersanti Mattarella, Rosario Livatino, don Pino Puglisi e di tanti altri martiri della giustizia. A tutti loro si addice la beatitudine che Gesù annuncia nel Discorso della montagna: ‘Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli”.

Nonostante le buone condizioni generali di salute, a parte gli acciacchi a un ginocchio, con l’avanzare dell’età di Papa Francesco, che a dicembre compirà 86 anni, il tema della continuità dell’azione riformatrice dell’attuale Pontefice è sempre più al centro delle prospettive degli ambienti ecclesiali. La selezione di un successore-continuatore e non restauratore, ha rappresentato infatti la ratio che ha mosso le scelte operate nei sette Concistori che hanno caratterizzato i nove anni di Pontificato di Jorge Mario Bergoglio.

La geografia e gli equilibri del Sacro Collegio che eleggerà il Papa che verrà sono ormai stati messi in sicurezza per assicurare la prosecuzione della nuova Crociata che Papa Francesco ha avviato per la catarsi della Chiesa. Con risultati già evidenti: in quasi 10 anni, Bergoglio ha attuato più Concilio di tutti i Pontefici degli ultimi 50 anni, ha spostato la frontiera della fede dall’esercizio del potere all’umiltà.

Dalla teologia dei peccati altrui, all’impegno nelle periferie. Una rivoluzione capillare, ma appena agli inizi e che rischia di essere soffocata non all’esterno, ma all’interno delle stesse mura vaticane. Il numero totale di Cardinali elettori è attualmente di 121: 13 creati da Giovanni Paolo II, 38 creati da Benedetto XVI,70 creati da Francesco, che è dunque in grado di incardinare il suo successore. Per essere eletto Papa, nelle prime votazioni, è necessario ottenere almeno i due terzi dei voti, pari a 86.

A livello di Continenti, l’attuale geografia del Collegio cardinalizio votante è la seguente: Africa, 17; Asia, 16; America latina, 24; America del Nord 13; Oceania, 4; Europa, 54. Papa Francesco ha risagomato il collegio cardinalizio non solo geograficamente, ma anche dal punto di vista del profilo pastorale. I Porporati italiani, un tempo in maggioranza, sono soltanto il 18%.

Nel corso dei suoi sette concistori, infatti, Bergoglio non ha rinnovato le nomine in antiche sedi cardinalizie (Venezia, Torino e Palermo, ad esempio, non hanno un porporato), sconvolgendo la storica geografia ecclesiale italiana, ma ha sempre fatto attenzione a nominare un certo numero di italiani, evitando che la loro presenza in Conclave diventasse marginale.

Complessivamente tuttavia l’attuale schiera dei porporati italiani è più omogeneo. E se dal 1978 in poi, con l’elezione del polacco Karol Wojtyla, ossia del primo non italiano dopo oltre 400 anni, gli italiani sono stati talmente divisi da non riuscire a proporre un candidato credibile per gli altri porporati, il gruppo che si presenterà al prossimo Conclave evidenzia ora una certa coesione.

Una ritrovata unità nella continuità di Francesco che si riconosce nel carisma del Cardinale Matteo Zuppi, al quale il veritiero sarcasmo che da sempre aleggia all’interno delle mura leonine attribuisce una sorta di restaurazione della trinità dell’autorità papale contraddistinta dal Pontefice regnante, dal Papa emerito Ratzinger e dal Vice Papa, Zuppi, insomma sempre gli ultimi che diventano primi.