Maurizio Cerrato: “Mio padre ucciso per un parcheggio: è morto da eroe per difendermi”

Come è morto Maurizio Cerrato, La figlia Maria Adriana: "Io sempre fiera di lui. E non  avrebbe potuto trovare un modo migliore per andarsene"

Maurizio Cerrato: “Mio padre ucciso per un parcheggio: è morto da eroe per difendermi”

Maurizio Cerrato, 61 anni, lavorava come custode al Parco archeologico di Pompei. È stato ucciso  a Torre Annunziata, 41 mila abitanti nell’hinterland di Napoli, dove abitava.  Secondo gli inquirenti, erano quattro le persone che hanno prima ingiuriato e poi aggredito l’uomo che stava cambiando la ruota squarciata alla vettura della figlia. La ragazza, 21 anni, a loro giudizio aveva ‘occupato’ un posto ‘riservato’ in quella strada a uno di loro e per questo segnalato dalla sedia collocata accanto al bordo del marciapiede.

Maurizio Cerrato: “Mio padre ucciso per un parcheggio: è morto da eroe per difendermi”

Cerrato è stato colpito alla testa con un compressore portatile per gonfiare le gomme e poi accoltellato al petto, ed è morto poco dopo l’arrivo all’ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia. La ricostruzione dell’accaduto è stata fatta anche sulla base del racconto di Maria Adriana. Che oggi al Corriere della Sera in un’intervista racconta tutto il suo dolore: ” Io non ho paura di loro. Sono distrutta perché mi hanno tolto un pezzo del cuore, e sono arrabbiata. Ma sono più forte di loro. Ecco, questo vorrei che lo sapessero”.

La procura accusa quattro persone di averlo ucciso: Giorgio e Domenico Scaramella, Antonio Cirillo, Antonio Venditti. Due fratelli di 51 e 42 anni e due loro cugini di 33 e 26 — inferocito perché
Adriana si era permessa di spostare la sedia che quelli avevano messo davanti al marciapiede per riservarsi il posto auto a due passi da casa.  La ragazza l’ha tolta e ha parcheggiato lei, e loro prima
l’hanno insultata e le hanno squarciato una ruota, e poi le  hanno ammazzato il padre, che era intervenuto non certo per fare a botte ma soltanto per cambiare la ruota bucata.

L’altra notte li hanno arrestati tutti, e tutti sono accusati di omicidio premeditato con l’aggravante dei futili motivi. “Io non me la sento di giudicarli, ognuno ha le sue ragioni. – dice lei – Ovviamente quelle di chi ha preferito tacere non le condivido, ma non voglio giudicare nessuno”. Quanto al padre Maurizio: “Mio padre ha sempre detto che per le sue figlie si sarebbe fatto  ammazzare. Me lo ha detto anche la sera che lo hanno ammazzato. E io sarò sempre fiera di lui. E credo che forse non  avrebbe potuto trovare un modo migliore per andarsene”.

Napoli, la figlia: l’arresto dei killer? Sapevo che li avrebbero presi

Secondo la ricostruzione della procura uno dei quattro lo ha colpito al petto mentre gli altri lo tenevano fermo: così è morto Maurizio Cerrato. Ad accertarlo, coordinati dalla Procura di Torre Annunziata (Napoli), sono stati i carabinieri della locale compagnia che la scorsa notte hanno notificato un decreto di fermo con l’accusa per i quattro di omicidio volontario in concorso, aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi. Prima della “spedizione punitiva”, Cerrato ha avuto una lite con uno degli indagati al quale ha rotto gli occhiali, offrendosi, subito dopo di ricomprarglieli.

L’uomo per tutta risposta lo ha colpito con un crick, ferendolo e allontanandosi per poi tornare, poco dopo, con gli altri tre complici per mettere a segno la missione di morte. Tutto è scaturito perché la figlia del 61enne aveva spostato in strada una sedia, lasciata per ‘occupare’ quel tratto, in modo da poter parcheggiare la sua auto. Un gesto, interpretato come uno sgarro, vendicato con la foratura di un pneumatico: un gesto che ha dato inizio alla catena di eventi conclusa con la morte di Cerrato.

Gli inquirenti, ancora una volta, denunciano l’assoluta mancanza di collaborazione da parte di coloro che hanno assistito all’omicidio, ma anche la volontà di ostacolare l’accertamento della verità, con l’occultamento dell’arma del delitto, l’alibi creato “ad hoc” da uno dei fermati e anche il tentativo di lavare le tracce lasciate durante l’assassinio sugli indumenti, trovati dai carabinieri nella lavatrice.

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