Maurizio Turco: per noi radicali continua il furto di legalità

di Vittorio Pezzuto

«Continuano a giocare il gioco della partitocrazia, chiudendosi in un recinto inaccessibile ai cittadini. Chi sta fuori dal Palazzo non potrà infatti accedere al nuovo sistema. Il messaggio è chiaro: se vuoi fare politica devi stare alle loro condizioni». Il tesoriere dei radicali Maurizio Turco boccia senza riserve il ddl del governo: «Noi vogliamo che alle forze politiche vengano garantiti servizi e possibilità di comunicazione. Invece ai primi sono destinate poche righe e soprattutto s’immagina che il servizio pubblico radiotelevisivo non faccia il suo dovere, assicurando l’informazione con dibattiti approfonditi. Si prevede la messa a disposizione di messaggi di massimo un minuto: il tempo di uno spot commerciale. Questa legge provoca così il consolidamento del regime partitocratico». Turco ricorda come nella scorsa legislatura la commissione Affari Costituzionali della Camera abbia dibattuto per un anno e mezzo sulla legge di recepimento dell’art. 49 della Costituzione. «A un certo punto Pd e Pdl hanno stralciato la parte del finanziamento pubblico, abbandonando quella relativa alla democrazia interna ai partiti. Oggi ribaltano il discorso, e quest’ultima diventa una subordinata utile unicamente a ricevere i rimborsi elettorali». Che poi non si tratta solo di questi, «visto che è previsto un sistema di detrazioni o di distrazioni dalla fiscalità generale dello Stato. Altri soldi pubblici, quindi». Per i radicali continua quel furto di legalità e denaro perpetrato a partire dal 1993, quando il 90,3% degli italiani votò a favore del loro referendum per l’abolizione del finanziamento pubblico: «Con un tratto di penna lo trasformarono in “contributo per le spese elettorali”. Adesso s’inventano nuovi escamotage tecnici». Il testo del governo passerà indenne al vaglio parlamentare? «Lo escludo. I tempi avranno un loro peso decisivo. D’altronde per decidere di rivedere questa legge hanno impiegato appena vent’anni… Hanno dimezzato i rimborsi elettorali (decuplicati rispetto ai finanziamenti che allora chiedevamo di azzerare), facendo credere che si trattasse di un taglio. Ma quando mai! La molla di quel provvedimento di emergenza non è stata la convinzione ma solo la convenienza, pressati com’erano dall’opinione pubblica. Diciamo che finora è andata loro meglio che non a Maria Antonietta, che in frangenti del tutto simili aveva proposto di distribuire brioche ai sudditi senza pane». Invocate una nuova rivoluzione giacobina? «Niente affatto: proponiamo una riforma seria e definitiva, che ghigliottini i bilanci e non le teste dei regnanti».