Medici, un altro virus minaccia gli ospedali. Il grande business dei gettonisti

In due anni 21mila medici hanno lasciato le corsie degli ospedali. E le cooperative che non hanno regole fanno affari d’oro.

Medici, un altro virus minaccia gli ospedali. Il grande business dei gettonisti

Gli ultimi dati sono stati diffusi dall’Anaao Assomed solo poche settimane fa. E sono dati clamorosi: ogni giorno negli ospedali italiani si licenziano dieci medici. “Se nel 2022 avevamo calcolato sette medici che si licenziavano ogni giorno, quest’anno il dato è appunto vicino a quota dieci”, spiega Pierino Di Silverio, segretario nazionale del sindacato.

In due anni 21mila medici hanno lasciato le corsie degli ospedali. E le cooperative che non hanno regole fanno affari d’oro

“Gli anni terribili della pandemia avevano accentuato questo fenomeno, ma ora il flusso in uscita sembra inarrestabile”, sottolinea. Di fatto, tra il 2019 e il 2021, 21mila medici hanno lasciato gli ospedali italiani. Quel dato elaborato da Anaao Assomed includeva 12.645 pensionamenti, compresi quelli anticipati. Lo studio però faceva notare che in 8mila se ne erano andati per scelta, si erano licenziati, soprattutto nelle strutture sanitarie di regioni del Sud, come Calabria, Sicilia e Liguria, ma anche nel Lazio, in Lombardia e in Liguria.

All’origine della fuga salari ritenuti troppo bassi rispetto al settore privato, carenze nell’organico ma anche le frequenti aggressioni e le cause giudiziarie intentate contro i medici. Eccolo il de profundis della sanità pubblica: in dieci anni, tra il 2010 ed il 2020, ha perso 111 ospedali e 113 Pronto soccorso. Ha subito il taglio di 37 mila posti letto e, nonostante le assunzioni per far fronte al Covid-19, nelle strutture ospedaliere mancano all’appello ancora oltre 29 mila professionisti, di cui 4.311 medici.

Numeri che, a cascata, hanno comportato una “riduzione drastica dell’attività sanitaria”: gli accessi in Pronto soccorso risultano in calo, ma il tasso di mortalità è aumentato dell’85%. Sono i numeri di un impressionate rapporto sulla sanità pubblica diffuso oggi dalla Federazione Cimo-Fesmed cui aderiscono 14mila medici. Un altro dato però fomenta la preoccupazione dei camici bianchi ed è il fatto che nelle strutture pubbliche i posti letto sono stati drasticamente tagliati, come detto, mentre quelli nelle strutture private sono aumentati (+1.747).

Guardando a quelle territoriali, sono in netta crescita tra 2010-2020 i posti nelle strutture semiresidenziali, aumentati del 25,2% (+12.056) e quelli in strutture residenziali del 23,2% (+49.506) ma, in realtà, la percentuale di incremento degli utenti è del solo 1,76% per le strutture semiresidenziali e del 19,28% per le residenziali. Segno che gli investimenti privati corrono dove il profitto è maggiore, ma senza un ancoraggio all’esigenza reale di assistenza della popolazione.

A inizio anno i Nas hanno segnalato 205 professionisti. C’era pure personale senza specializzazione in ostetricia

Insomma, una situazione disperata che tutti di fatto conosciamo. Quello che si conosce meno è l’altra faccia della medaglia: le cooperative che nel frattempo stanno nascendo, alimentando il fenomeno – incontrollato e senza regole – dei gettonisti, figure assunte tramite accordi tra le aziende sanitarie e le cooperative per far fronte alle carenze di personale nelle strutture. I gettonisti infatti guadagnano molto di più dei dipendenti, lavorando meno ore. E arriviamo così al paradosso.

Secondo quanto denunciato a più riprese e in più occasioni dalla Simeu (Società Italiana di Medicina d’Emergenza-Urgenza) e dal suo presidente, il dottor Fabio De Iaco, accade che i medici si licenziano dal servizio pubblico, spesso entrano nelle cooperative lavorando meno e guadagnando di più, e spesso magari tornano a lavorare (ma questa volta da privati) nello stesso ospedale che hanno lasciato. Una follia che evidentemente avrebbe bisogno di essere regolamentata anche perché, manco a dirlo, ballano milioni e milioni di euro a furia di contratti tra aziende sanitarie e cooperative.

Ed ecco un altro punto: è impossibile conoscere quanto effettivamente il pubblico paga le varie cooperative che riempiono oggi reparti e pronto soccorso italiani. Il motivo? La spesa non risulta nella voce “personale” del bilancio, ma in quella relativa a “servizi e forniture”. Preoccupazioni diffuse, dunque, dinanzi alle quali pare che il ministro della Salute Orazio Schillaci non sia andato oltre gli annunci.

Ed è così che, come al solito, nel silenzio delle istituzioni, a muoversi sono gli investigatori. L’inchiesta dai Nas di fine 2022 ha smascherato 165 posizioni irregolari, segnalato 205 persone, sono stati deferiti otto titolari di cooperative per frode e inadempimento nelle pubbliche forniture. E ancora: 43 i casi di esercizio abusivo della professione, con medici e infermieri che smontavano da 12 ore di turno, per attaccarne un altro, fino a 36 ore filate.

In particolare era stata accertata la fornitura di medici da parte di cooperative con età anagrafica superiore a quella stabilita da contratto, anche sopra i 70 anni, e l’impiego esternalizzato di risorse umane non adatto a esigenze di specifici reparti ospedalieri, come la fornitura presso reparti di “ostetricia e ginecologia” di personale sanitario, tra cui medici generici, non formato a gestire parti cesarei o, ancora, personale medico da impiegare presso il pronto soccorso non specializzato in “medicina di urgenza”.

“Il fenomeno pone problemi di qualità e notevoli costi che gravano sul settore sanitario, in forte sofferenza”, ha detto non a caso anche il procuratore della Corte dei Conti del Lazio, Pio Silvestri, preannunciando un’inchiesta “sul sempre più massiccio impiego di gettonisti”.

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