Prima del vertice Weimar plus, ovvero i ministri degli Esteri di Italia, Germania, Francia, Polonia, Regno Unito e Francia, più l’Ucraina, il segretario della Nato Mark Rutte ha avuto “il piacere” di incontrare la premier Giorgia Meloni. “L’Italia è un alleato importante, è attiva in tutto il territorio Nato. E ovviamente, l’Italia vanta una base industriale di difesa di cui andare orgogliosi, Leonardo ma anche tante altre aziende industriali, grandi e piccole. E abbiamo bisogno di tutte, comprese quelle in Francia, Germania e in tutta la Nato, anche negli Stati Uniti, per produrre ancora di più”, ha detto Rutte al termine dell’incontro, rilanciando il solito invito ad armarci fino ai denti.
Invito che Meloni non avrà disdegnato di certo, pur spiegando che per arrivare all’obiettivo Nato del 5% per cento del Pil in spese per la Difesa, col 3,5% dedicato alle spese militari classiche e l’1,5% alla sicurezza, l’Italia ha bisogno dei suoi tempi. Come hanno ricordato anche i ministri degli Esteri, Antonio Tajani, e della Difesa, Guido Crosetto.
Mentre l’altro vicepremier Matteo Salvini ha ribadito che in quell’1,5% di spese per la difesa in senso lato il governo vuole anche inserire il Ponte sullo Stretto.
L’Italia non disdegna l’invito della Nato ad armarci fino ai denti
Che l’invito Usa-Nato l’Italia di Meloni lo abbia accolto da tempo è chiaro anche leggendo tra le righe del comunicato di Palazzo Chigi, quando si invita a rafforzare l’industria per la difesa. “L’incontro tra Rutte e Meloni – si legge in una nota – ha permesso uno scambio approfondito in preparazione del prossimo Vertice Nato, con particolare riferimento alle spese per la sicurezza collettiva e alla costruzione di un’industria per la difesa sempre più innovativa e competitiva, in complementarità con l’Ue”.
Il credo poi in “un’Alleanza più forte, pronta a difendere ogni centimetro del territorio alleato” verrà ribadito poco dopo nella dichiarazione congiunta dei ministri al vertice Weimar+.
Che investire nella difesa sia un dovere oltre che una necessità ce lo ricorda anche un vibrante Crosetto.
L’appello accorato di Crosetto a investire nella Difesa
“Noi non investiamo in Difesa per aumentare i bilanci di Leonardo o Fincantieri, ma a secondo di quello che gli Stati Maggiori ci dicono mancare per difendere il nostro Paese. Poi se il Parlamento ci dice che non è interessato a difendere il Paese e non mette soldi in bilancio, andrò in giro a tagliare nastri, a fare parate e non mi occuperò della difesa del Paese. Ma è doveroso dire che le minacce che abbiamo non sono tema di rilevanza politica, ma sono un tema di sopravvivenza. Se lo Stato Maggiore della Difesa dice che di fronte alle minacce il Paese non è coperto io ho il dovere di dirlo e di chiedere risorse in più, altrimenti abolite il ministero della Difesa e allora possiamo parlare di altro”, ha detto Crosetto a Palazzo Madama nel corso del question time.
“Quello che posso assicurare è che non ci sarà nessuna ripercussione su sanità, sociale e transizione ecologica per finanziare le spese della Difesa”, ha rassicurato Crosetto. “Non abbiamo ancora concordato l’aumento del 5%, quella è una proposta americana”, ha spiegato ancora il ministro della Difesa.
La necessità di aumentare le spese “dipende dalle mutate condizioni nel mondo, non è certo la Nato che ha fatto scoppiare una guerra al centro dell’Europa”.
“All’Aja (vertice Nato di fine giugno, ndr) quel consesso – ha proseguito – deciderà che livello raggiungere. Poi ogni ministro tornerà nella propria Nazione e discuterà nei propri Parlamenti, ci sarà un voto. Nessun Paese sarà obbligato a raggiungere il 3, il 4 o il 5%”.
Crosetto non convince i Cinque Stelle: tagli in vista per sanità, scuola, ricerca e welfare
Ma Crosetto non convince i Cinque Stelle. “La corsa al riarmo segna una svolta epocale e Meloni si sta assumendo la responsabilità storica del passaggio da uno ‘Stato sociale’ a uno ‘Stato militare’. E’ pura follia aumentare fino a 100 miliardi le spese militari, mentre si taglia su sanità, scuola, ricerca e si aumentano le tasse”, dice il leader del M5S, Giuseppe Conte.
“Quando 5 anni fa ho incontrato Rutte, era fra i più ostici e contrari al Recovery per la pandemia. Alla fine, grazie anche alla grande spinta popolare, vincemmo le sue ultime resistenze, portando 209 miliardi in Italia per rialzarci e ripartire più forti”, ricorda l’ex premier.
“Oggi per tutti noi con Rutte – al vertice della Nato – tratta Meloni, che ha già detto sì a marzo al Riarmo europeo e alla strategia di armi e guerra a oltranza abbracciata per tre anni dagli Stati Uniti. Siamo quindi in un vicolo cieco. Stiamo passando da +209 miliardi per ospedali, strade, asili nido a +100 miliardi per più missili e carrarmati”.