Meloni paga dazio a Washington

Biden pretende il nostro recesso dalla Via della Seta. In cambio di un vago aiuto per fermare gli sbarchi.

Meloni paga dazio a Washington

Il bagaglio con cui Giorgia Meloni è volata alla Casa Bianca per incontrare il presidente Usa Joe Biden racconta perfettamente l’isolamento internazionale dell’Italia, al di là dei vagiti trionfanti di certi giornali e delle azzardate dichiarazioni dei membri del governo.

È un bagaglio pesante, questo è sicuro, perché dentro c’è il rapporto del Fondo Monetario Internazionale che boccia il governo italiano. Flat tax, aumento del limite all’uso dei contanti ma anche superbonus, le critiche del rapporto del Fmi del 26 luglio scandagliano punto per punto lo scenario economico del Paese, soffermandosi tra le altre cose sul fronte delle misure fiscali e in materia di lavoro e previdenza.

Biden pretende il nostro recesso dalla Via della Seta. In cambio di un vago aiuto per fermare gli sbarchi

Le osservazioni fornite dagli economisti del Fondo Monetario Internazionale si inseriscono nella discussione sulle misure della riforma fiscale che, tra le novità, prevede il passaggio graduale ad una flat tax per tutti. Per il Fmi si tratta però di una misura costosa e rischiosa sul fronte della progressività del sistema. Critiche anche le osservazioni sulle sanatorie fiscali (proprio ieri, peraltro, il governo ha anche rivisto al ribasso anche le stime del recupero dell’evasione fiscale: le imprese sono in crisi di liquidità e verseranno meno), sull’aumento del limite all’uso dei contanti e sul superbonus del 110 per cento, ritenuto inefficace.

Intanto il Fondo monetario legato a Washington bastona il governo su condoni ed evasione fiscale

In un Paese in cui l’evasione del’Iva è pari al 20,8% del debito complessivo, con una media europea del 9,1%, con un gettito che è pari l 45% del Pil per 125 miliardi di euro e con un cuneo fiscale del 45% (valore che scoraggia l’offerta di lavoro) il Fisco italiano continua a presentare evidenti problemi – secondo il Fmi – nonostante i passati incentivi per i pagamenti elettronici e la recente introduzione della fatturazione elettronica. Il Fondo monetario internazionale punta il dito sugli interventi introdotti che potrebbero contribuire a indebolire ulteriormente la disciplina fiscale italiana e, tra questi, vengono menzionati l’incremento al limite per l’uso dei contanti, portato a 5.000 euro dalla Legge di Bilancio 2023, e le sanatorie fiscali previste nell’ambito dell’ampio progetto della tregua fiscale.

L’obiettivo di rafforzare le politiche antievasione previsto dal Pnrr sembra ben lontano, secondo il rapporto. Il Fondo Monetario Internazionale, vale la pena ricordarlo, è il braccio economico degli Usa. “Il sistema fiscale italiano è caratterizzato dalla dipendenza da aliquote elevate per generare entrate con un base imponibile ristretta. Le entrate italiane sono fra le più alte rispetto al pil attestandosi al 45% (dietro a Danimarca, Francia e Austria nel 2021)”, afferma il Fondo secondo il quale il cuneo fiscale sul lavoro è “molto alto”.Difficile credere che Biden non abbia tenuto conto dell’identikit economico di Giorgia Meloni e del suo governo.

A proposito di FMI, Giorgia Meloni alla Casa Bianca avrebbe voluto anche coinvolgere gli Usa nel suo fantomatico “Piano Mattei”, nient’altro che il coordinamento di respingimenti e detenzioni illegali già oliati nell’esperienza con la Libia. L’Africa, che sarà al centro del prossimo G7, è nei piani di Giorgia Meloni la leva con cui “bloccare” le migrazioni dopo avere fallito con il suo demenziale spot elettorale del “chiudere i porti”.

Tra le promesse che l’Italia e l’Unione europea hanno fatto al presidente tunisino Saied ci sarebbe anche l’intervento proprio del Fondo Monetario Internazionale per evitare alla Tunisia il default ormai prossimo. I 250 milioni di euro promessi da Bruxelles a Saied sono bruscolini rispetto alle esigenze del governo tunisino. Giorgia Meloni si è proposta alla Tunisia come mediatrice per esercitare pressioni presso gli Usa e Fmi. Può essere un interlocutore credibile? No, per niente.

A questo si aggiunga che dall’inizio dell’anno (al 20 luglio) le autorità tunisine hanno recuperato al largo delle coste del Paese un totale di 901 corpi di migranti: lo ha detto in Parlamento il ministro dell’Interno tunisino, Kamel Feki, precisando che 267 erano cittadini stranieri mentre gli altri non sono stati identificati. “Non possiamo accettare che la Tunisia diventi un Paese di transito o di insediamento per migranti subsahariani, così come noi non accetteremo pratiche disumane contro di loro”, ha detto proprio ieri il ministro Feki rispondendo ad una interrogazione parlamentare, spiegando che la società tunisina ha “una capacità limitata di accettare l’integrazione di migranti provenienti dai Paesi sub-sahariani”.

A questo si aggiunge il disastro umanitario: Mezzaluna rossa ha precisato che circa 1.500 migranti si trovano attualmente nelle strade di diversi centri urbani del governatorato di Sfax, nel sud-est, ma un gruppo non trascurabile si trova a Gafsa e Kasserine. L’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr) e l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ieri hanno espresso profonda preoccupazione per l’incolumità e il benessere di centinaia di migranti, rifugiati e richiedenti asilo bloccati in condizioni disperate in Tunisia in seguito all’allontanamento verso aree remote e desolate a ridosso delle frontiere con la Libia e l’Algeria. Tra loro si registra la presenza di donne (alcune delle quali incinte) e minori. Sono bloccati nel deserto, esposti a temperature estreme e senza accesso a ripari, cibo o acqua.

In attesa di trovare con urgenza soluzioni dignitose, è necessario assicurare loro al più presto aiuti umanitari di vitale importanza. Infine c’è la rottura con la Cina per lisciare gli Usa. Nel 2022 l Cina ha importato dall’Italia merce per 57 miliardi di euro. Le imprese italiane stabilitesi in Cina, attraverso le varie modalità di presenza sono circa 2.300, alle quali sono complessivamente riconducibili oltre 60mila posti di lavoro ed un fatturato di circa 5 miliardi di Euro con significative quote per la meccanica e il tessile. Scindere gli accordi bilaterali potrebbe essere anche sostanzialmente facile ma la domanda a cui bisognerebbe rispondere è: chi paga? Di sicure Biden potrebbe sorriderne. Molto più difficile è che Biden sia disposto a pagare. Anche al ritorno dalla Casa Bianca il bagaglio di Giorgia Meloni risulta pesantissimo.