La partita rimane difficile e la strada ancora in salita ma i negoziati, dopo la telefonata tra la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il presidente americano Donald Trump, sono oramai entrati nel vivo. E tutte le cancellerie europee, da Madrid a Parigi fino a Berlino, tifano perché la guerra commerciale tra Europa e Stati Uniti finisca e si arrivi a un’intesa.
Da Trump all’Ue, spiragli sul negoziato in corso sui dazi
“Sono appena stato informato che l’Ue ha chiamato per definire le date di un incontro” sui dazi, ha scritto Trump su Truth. “Questo è un evento positivo e spero che, finalmente, come ho chiesto alla Cina, i paesi europei si aprano al commercio con gli Stati Uniti”, ha sottolineato il presidente americano.
“L’intenzione è di intensificare i colloqui a livello tecnico nei prossimi giorni e nelle prossime settimane e, su questa base, continueremo a impegnarci in modo significativo” con gli Stati Uniti, ha dichiarato il portavoce della Commissione europea responsabile per il Commercio, Olof Gill, facendo il punto sull’andamento delle trattative in corso sui dazi a seguito del colloquio telefonico intercorso lunedì tra il commissario Ue per il Commercio, Maros Sefcovic, e i due negoziatori Usa Howard Lutnik e Jamieson Greer.
“La nostra strategia non cambia: abbiamo sempre sostenuto di voler trovare una soluzione negoziata che ci permetta di evitare il danno reciproco dei dazi e di trovare invece un accordo reciprocamente vantaggioso”, ha evidenziato il portavoce, ribadendo che raggiungere un’intesa comune è la “priorità” dell’Europa.
Unica voce stonata quella di Meloni più trumpiana di Trump
Ma c’è qualche leader, tra gli Stati membri che non pare pensarla allo stesso modo e, complice la sua politica di subalternità nei confronti dell’amministrazione Trump, sembra remare contro Bruxelles. Stiamo parlando di Giorgia Meloni.
La premier non solo è per una linea soft nei confronti di Trump ma, sposando la visione della Lega, continua a puntare il dito contro l’Europa. Altro che ruolo di pontiera tra Ue e Usa. Intervenendo all’assemblea di Confindustria, Meloni ha invitato Bruxelles “a rimuovere quei dazi interni che si è autoimposta in questi anni”.
Secondo il Fondo Monetario Internazionale, ha argomentato Meloni, il costo medio per vendere bene tra gli Stati dell’Unione europea equivale a una tariffa di circa il 45% rispetto al 15% stimato per il commercio interno negli Stati Uniti. Per non parlare dei servizi dove la tariffa media stimata arriva al 110%. La leader di FdI ha poi puntato il dito contro l’iper-regolamentazione.
“Anche qui – sono state le sue parole – si può invertire la rotta, non solo perché ce lo chiede questo tempo, ma anche perché l’Europa come superstruttura burocratica minimizza e tradisce ciò che è: la patria del diritto romano, la culla della civiltà cristiana, la madre della filosofia greca, la civiltà che con il suo genio ha stupito il mondo. Qualcosa di molto più ampio, di molto più bello e di molto più profondo dei quasi 400 chilometri lineari di Gazzette ufficiali dell’Unione europea o le norme assurde che ci dicono che un fagiolo non è un fagiolo europeo se ha un diametro inferiore a un centimetro”.
Già da tempo la premier ha dichiarato guerra all’Europa
Non è la prima volta che Meloni si scaglia contro l’Europa. Già agli inizi di aprile scorso aveva chiesto di sospendere le norme Ue sul Green deal in tema di automotive e di rivedere il Patto di stabilità che il suo stesso governo ha sottoscritto.
Esattamente come il Carroccio si scagliava contro i provvedimenti dell’Unione europea che costituiscono “un autentico dazio interno, caricando consumatori e imprese di costi aggiuntivi non proporzionati agli obiettivi dichiarati”.
Fra questi “la direttiva Casa Green, lo stop ai motori Euro 5 entro luglio di quest’anno, lo stop ai motori endotermici entro il 2035, l’obbligo del bilancio di sostenibilità per le aziende, le regole di bilancio del patto di stabilità e crescita”.
Toni quelli meloniani e leghisti che ricordano quelli trumpiani. “È molto difficile avere a che fare con l’Unione europea. Le sue potenti barriere commerciali, l’Iva, le ridicole sanzioni aziendali, le barriere commerciali non monetarie, le manipolazioni monetarie, le cause legali ingiuste e ingiustificate contro le aziende americane e altro ancora hanno portato a un deficit commerciale con gli Stati Uniti di oltre 250.000.000 di dollari all’anno, una cifra totalmente inaccettabile”, ha dichiarato Trump quando ha evocato dazi al 50% sull’Ue. Ora Trump appare perfino più conciliante con l’Ue di quanto non lo sia Meloni.