Meno tasse

di Gaetano Pedullà

Chi l’ha detto che per battere i pugni sul tavolo dell’Europa bisogna arrivare fino a Bruxelles? È bastato ignorare beatamente le minacce arrivate solo lunedì scorso dai soliti euroburocrati ed ecco che il segnale alla Merkel & C. è arrivato forte e chiaro. All’Unione, che ci chiede di tagliare le spese dello Stato per 9 miliardi (più o meno quanto costa restituire gli 80 euro in busta paga) il Governo ha risposto provando ad estendere lo stesso bonus. A Berlino non saranno molto contenti, ma qui a casa nostra sono molto più scontenti quei 13 italiani su 100 che non trovano lavoro: nuovo record storico della disoccupazione. Mentre in Parlamento va in scena la solita manfrina su come riformare il Senato, il nodo centrale resta quello dell’Europa. I risultati elettorali hanno lasciato a Popolari e socialisti i numeri per decidere i vertici e soprattutto la politica di più o meno rigore dell’Unione. Ovviamente nessuno dei due partiti può farcela da solo e dunque serve un accordo. Si sta trattando e se il richiamo di lunedì scorso ha avuto il sapore di un avvertimento degno della peggiore criminalità, la risposta italiana è corretta e coerente con quello che tutte le forze politiche di questo Paese chiedono all’Europa: cambiare. La linea ortodossa del rigore d’altronde ha mostrato ormai tutti i suoi limiti. Ha piegato l’Europa mediterranea e adesso rischia di sottrarre questi mercati all’industria tedesca. Un primo assaggio per vedere se la Comunità ha capito o no lo vedremo domani con le decisioni della Bce. Se arriveranno le misure straordinarie per aiutare le imprese, bene. Diversamente saremo in alto mare come e più di prima.