Menù indigesto alla Regione Lazio. L’Anticorruzione invia le carte sulla mensa alla Corte dei Conti. Dubbi sulla gara da 15 milioni per sfamare i dipendenti

La gara per la mensa della Regione Lazio finisce nel mirino dell'Anac

L’Anticorruzione boccia l’appalto 14,8 milioni per la mensa della Regione Lazio e trasmette gli atti alla Corte dei Conti. L’Autorità guidata da Raffaele Cantone alla fine di un’istruttoria durata circa un anno e mezzo, sull’appalto per l’affidamento in concessione del servizio di gestione della mensa nella sede della presidenza della Regione guidata da Nicola Zingaretti, ha accertato quattro irregolarità nella procedura che ha portato ad affidare alla società Ladisa srl il compito di sfamare per sei anni i dipendenti che lavorano negli uffici della Giunta regionale del Lazio. Innanzi tutto, secondo l’Anticorruzione: “sono state disapplicate alla gara d’appalto le norme prevista dalla lex spcialis”. Tale formula latina, spiega l’Autorità guidata da Cantone, “deve essere sempre applicata anche dalla Commissione di gara”.

Praticamente la Regione guidata da Zingaretti, dopo aver fatto il bando per la mensa non ha seguito le regole che essa stessa si era data (lex specialis) per selezionare il soggetto a cui affidare l’appalto. Inoltre, gli uomini dell’Anticorruzione, hanno evidenziato come: ”La condotta della Regione Lazio risulta ascrivibile ad una non scrupolosa valutazione nella predisposizione della documentazione di gara e, più in generale, da quanto emerso nell’istruttoria, alla gestione di tutto il “ciclo di vita” dell’affidamento del servizio di ristorazione”. Cioè dopo aver scritto male le carte per fare la gara, la Regione non ha neppure controllato in maniera soddisfacente le concrete modalità di erogazione del servizio di mensa.

Il terzo punto evidenziato dall’Anticorruzione, e forse il più grave, poiché ha indirettamente danneggiato le altre società che avrebbero potuto aspirare a vincere questa gara da quasi 15 milioni di euro, è che “L’operazione negoziale si è rivelata limitativa della concorrenza per aver disincentivato la partecipazione alla gara di quelle imprese non in grado di garantire l’entità del servizio richiesto”. La delibera firmata da Cantone spiega la lunga querelle che ha visto opporsi la Regione guidata dal neo segretario del Partito Democartico, alla Ladisa, da cui emerge che la società una volta aggiudicatasi l’appalto si è lamentata per: ”l’errata formulazione da parte della Regione Lazio degli atti di gara da imputarsi alla sovrastima del numero dei pasti giornalieri oggetto della concessione “di gran lunga non corrispondente alla realtà”.

Infatti la Regione aveva previsto nel bando di gara l’erogazione di 2000 pasti giornalieri a fronte di un’affluenza che si è poi rivelata pari a circa 350 persone al giorno. Ma anche la Ladisa, secondo l’Anticorruzione non si è comportata bene, visto che: ”non può sottacersi che l‘esecuzione del servizio è stata connotata da gravi inadempimenti contrattuali in ordine alla scarsa qualità del servizio e dei cibi, alle precarie condizioni igienico-sanitarie ed alla corresponsione del canone di concessione”. Considerato tutto ciò, secondo Cantone: “La Regione Lazio avrebbe dovuto arrestare la procedura di gara, annullare il bando e procedere alla pubblicazione di un nuovo bando riformulato alla luce della nuova stima, solo in tal modo possono dirsi rispettati i fondamentali principi di correttezza, concorrenza, imparzialità e buon andamento”.

La Regione Lazio, contattata da La Notizia, spiega: “La Procura della Corte dei Conti, a cui l’Anac ha trasmesso la deliberazione, è stata ad oggi solo notiziata per la valutazione di eventuali profili di competenza”.