Militari italiani vittime dell’uranio. Un generale rompe il muro d’omertà. Indagano la Procura di Roma e quella militare. Accuse pure al Capo di Stato Maggiore della Marina

I vertici della Difesa sono da tempo coscienti degli enormi rischi a cui vanno incontro i militari esposti all’uranio impoverito nei teatri operativi, ma continuano a inviare militari nelle missioni estere senza le necessarie misure di protezione. A denunciarlo questa volta non sono le vittime, quanti rientrati in Italia sono stati colpiti da tumori, ma per la prima volta è direttamente un alto ufficiale, che ha presentato una denuncia e fatto aprire un’indagine sia alla Procura della Repubblica di Roma che alla Procura militare. Una svolta nella battaglia che va avanti da venti anni su un dramma che, secondo l’Osservatorio militare, è costato la vita a 372 militari e ne ha costretti altri 7.693 a lottare contro gravi patologie. Novità emersa in un’inchiesta andata in onda su Nove, nel programma “Sono le venti”, condotto da Peter Gomez.

IL J’ACCUSE. A denunciare il sistema di lasciare i militari italiani indifesi davanti all’uranio impoverito nei Balcani, in Iraq e in Afghanistan, è stato il generale Roberto Vannacci (nella foto), che ha comandato il contingente a Baghdad. Un ufficiale che ha guidato 700 soldati dell’Esercito e 100 carabinieri, schierati in 11 diverse basi irachene, contribuendo all’addestramento delle forze locali e curde e lottando contro l’Isis. Un lavoro particolarmente apprezzato, tanto che al generale vennero concesse, a nome del presidente degli Stati Uniti d’America, la Legion of Merit e la Foreign Service Medal della Repubblica Ceca. Proprio Vannacci ha però denunciato che fino a due anni fa i militari italiani sono stati lasciati nei teatri operativi esposti all’uranio impoverito senza protezioni. Indifesi quanto ormai già era abbondantemente noto il nesso di causalità tra quelle situazioni e le patologie che hanno colpito i tanti che hanno preso parte alle missioni di pace.

Nello specifico, il generale ha portato ad aprire le indagini denunciando “gravi e ripetute omissioni nella tutela della salute e della sicurezza del contingente militare italiano”, uomini sottoposti “all’esposizione all’uranio impoverito senza che alcuna informazione fosse fornita al riguardo e senza che alcuna mitigazione dei rischi fosse attuata”. L’ufficiale ha inoltre specificato che l’allora comandante del Comando operativo di vertice interforze e attuale capo di stato maggiore della Marina Militare, Giuseppe Cavo Dragone, avrebbe assicurato che in quelle aree ogni militare non veniva lasciato più di quattro mesi, mentre la permanenza effettiva sarebbe stata di 6-9 mesi. Vannacci ha infine aggiunto che, prima di rivolgersi alla magistratura, aveva denunciato tale situazione sia all’ex ministro della difesa, Elisabetta Trenta, che al Capo di Stato Maggiore della Difesa, Enzo Vecciarelli.

LE REAZIONI. “Sentito dalla Commissione d’inchiesta presieduta nella scorsa legislatura dall’onorevole Gian Piero Scanu, Cavo Dragone aveva assicurato che in determinati teatri operativi ogni militare non veniva lasciato più di quattro mesi e ora, visto anche quanto denunciato dal generale Vannacci, mi chiedo quale affidabilità può avere un Capo di Stato Maggiore che mente davanti a una Commissione d’inchiesta. Deve dimettersi immediatamente”, ha sostenuto Domenico Leggiero, presidente dell’Osservatorio militare. Lo stesso Leggiero sostiene inoltre che al ministro della difesa Lorenzo Guerini sono arrivate due richieste d’incontro dall’associazione Malati e dall’Osservatorio rimaste senza risposta.