Minaccia Isis, analista Ispi: “Non è lo Stato islamico. La vera minaccia arriva dai foreign fighters. Ce ne sono migliaia in Russia”

Minaccia Isis, analista Ispi: non è lo Stato islamico. La vera minaccia arriva dai foreign fighters. Ce ne sono migliaia in Russia

“Un massacro come mai prima d’ora”. Sulla Russia, come era facilmente prevedibile, si abbattono (di nuovo) le minacce dell’Isis. Le invettive sono state accompagnate da un video in cui lo stadio olimpico di Sochi  viene virtualmente colpito da esplosioni. A tranquillizzare un po’ tutti ci ha pensato Alexei Lavrishchev, responsabile per la sicurezza della Coppa del  Mondo, che ieri ha detto: “Credetemi, le misure varate sono senza precedenti”. Chi sembra non dare molto peso alla specifica minaccia è Francesco Marone, analista dell’Ispi, l’Istituto per gli studi di politica internazionale: “Si tratta di un video che non è dello Stato islamico. Probabilmente è opera di uno dei tanti gruppi anonimi, o anche di una sola persona, che simpatizzano per lo Stato islamico. Lo si capisce anche dalla fattura poco professionale. Si tratta di un collage in cui aggiunge la parte finale con l’attacco con i droni”.

Quindi, nessun pericolo?
In generale la minaccia non va sottovalutata, ma esisteva anche prima del video. I Mondiali sono un’ occasione ghiotta per i terroristi, ma nello specifico questo video non mi sembra particolarmente rilevante. Anche se non posso non notare la presenza del drone come elemento di novità rispetto a molti altri video passati.

Potrebbe essere un’indicazione?
Non lo so, ma un attacco con strumenti così sofisticati appare poco probabile.

E, allora, cos’è che fa paura?
Sono molti gli elementi di minaccia, tra questi mi concentrerei su due: il primo è costituito da persone del luogo che decidono di colpire in autonomia. Si tratta del modello dei lupi solitari, quello maggiormente utilizzato nell’Occidente negli ultimi quattro anni. L’altro elemento di preoccupazione, ed è la minaccia più forte, è la presenza di foreign fighters. La Russia è l’area geografica più interessata dal fenomeno dopo il Maghreb. Sono migliaia e migliaia le persone che sono partite da questi luoghi per arruolarsi nell’Isis. Il rischio concreto è legato al loro ritorno, conseguente alla perdita del territorio da parte dello Stato islamico. In scenari come questi, comunque, non si deve mai escludere nulla, anche un attacco in stile Bataclan, con un’unica regia a coordinare più gruppi.

Come valuta l’apparato di sicurezza della Russia per i Mondiali?
Putin ha investito molto sulla sicurezza. Quando si aggiudicò i campionati del Mondo parlò di sicurezza al 100 per cento. Un risultato logicamente impossibile, proprio per la natura della minaccia. C’è da fare un’osservazione supplementare e cioè che un attacco ai Mondiali sarebbe un attacco a Putin, al nemico degli islamisti prima in Cecenia e poi in Siria. In  molti messaggi Putin è citato come il nemico principale, spesso viene definito “cane”, e  come obiettivo da eliminare.

E in Italia?
Abbiamo un sistema di sicurezza  efficace, coordinato bene e professionalmente preparato, a differenza di quello bela per esempio. Un sistema che è stato messo alla prova da eventi molto importanti anche in momenti in cui la minaccia terroristica era alta . Non lo considero un caso che l’Italia sia l’unico paese occidentale mai colpito dopo l’11 settembre.

Come se lo spiega?
I motivi principali sono due: il nostro è un sistema rodato da anni di anti-terrorismo. Abbiamo professionisti che da decenni lavorano sul campo. Anche le misure aggressive inaugurate con la lotta alla criminalità mafiosa hanno contribuito a questo scenario. C’è poi un secondo motivo ed è legato al fatto che nel nostro Paese la minaccia è più bassa perchè il numero dei radicalizzati è minore. In Francia sono 10.000, in Italia non esiste un numero ufficiale. Nel nostro Paese non si sono creati quartieri dove è possibile vivere l’estremismo islamico, come accaduto in Gran Bretagna, Francia e Belgio.

Secondo alcuni, la mafia proteggerebbe il nostro Paese. Lo ritiene possibile?
Al momento non ha nessuna prova. Non esiste alcuna indicazione concreta, ossia basata su dati, che le associazioni mafiose abbiano protetto o stiano proteggendo l’Italia.  Mi sento di respingerla come tesi.

Il fenomeno dei foreign fighters coinvolge anche l’Italia?
Siamo sì coinvolti, ma in un numero limitato rispetto ad altri paesi. Ad oggi sono stati censiti circa 130 soldati di ritorno. Teniamo presente che sono 1900 in Francia, quasi 1000 in Germania e Gran Bretagna e più di 500 in Belgio, un Paese cinque volte più piccolo d’Italia. Nel Nostro Paese possiamo trovarne due  ogni milione di abitanti. Detto ciò, bastano in pochi numeri per organizzare attentati.