Mps, il Tesoro silura l’Ad. E ci mette altri 2,5 miliardi nostri. I buoni risultati di Bastianini non sono serviti a nulla. Sulle banche il governo Draghi torna all’antico

I buoni risultati dell'Ad di Mps, Guido Bastianini, non sono serviti a nulla. Sulle banche il governo Draghi torna all'antico.

Aver tenuto i conti in ordine non è servito a niente, così come non aver favorito l’ennesimo regalo di Stato alle banche, con la svendita del Monte dei Paschi di Siena all’Unicredit (leggi l’articolo). Il Ministero dell’Economia, primo azionista della storica banca senese, ha silurato l’amministratore delegato, Guido Bastianini, la cui vera colpa ora più che mai sembra quella di essere stato indicato dall’allora governo di Giuseppe Conte, e in particolare su spinta del Movimento Cinque Stelle, totalmente in disaccordo sul gettare altro denaro pubblico nel sistema creditizio. Un epilogo che invece rivedremo a breve, in quanto proprio il Mef ricapitalizzerà ancora una volta Mps, con altri due miliardi e mezzo, prima di regalarla a un prezzo simbolico a qualche colosso finanziario.

CIAO A CONTE. A nulla sono valsi, dunque, i buoni risultati ottenuti da Bastianini (310 milioni di utile netto, il miglior risultato da sei anni) ripulendo gli sprechi accumulati in decenni da Mps. Numeri di cui proprio ieri il Cda della banca ha preso atto, e per ringraziamento ha deliberato all’unanimità la nomina di Luigi Lovaglio (nella foto) ad Ad e direttore generale di Mps, dopo aver revocato, sempre all’unanimità, le deleghe di Bastianini. L’ex Ad resta comunque nel board, in quanto a far posto al nuovo capo azienda è stata la funzionaria del Tesoro, Olga Cuccurullo, consigliera quindi non indipendente, che venerdì scorso si era dimessa per “motivi personali”.

La scelta di Lovaglio, comunque, sembra tutt’altro che casuale. Banchiere con oltre 40 anni di esperienza, di cui gli ultimi 20 passati come manager ai vertici di istituti bancari in tre diversi Paesi (Bulgaria, Polonia e Italia), Lovaglio ha ricoperto la carica di Ad e direttore generale del Credito Valtellinese dal marzo del 2019 al giugno del 2021. Durante il suo mandato, la banca ha subito una profonda trasformazione migliorando l’efficienza e il profilo di rischio, raddoppiando il livello di redditività, tornando a distribuire dividendi e collocandosi tra le migliori banche per solidità patrimoniale.

Creval ha quasi raddoppiato la sua capitalizzazione di mercato ed è stato oggetto di un’offerta pubblica di acquisto volontaria lanciata nel novembre 2020 da Credit Agricole Italia e completata nell’aprile 2021, dopo diversi rialzi di prezzo da parte della banca francese. Lovaglio ha dunque il profilo giusto per interloquire anche in chiave internazionale, dove il dossier su Mps gira da tempo, e a non pochi colossi finanziari piacerebbe mettere le mani su quella che è la più antica banca d’Europa.

NELLE MANI DELLA BCE. Il destino di Mps, d’altra parte, passa ormai da Francoforte, sede della Banca centrale europea, e da Bruxelles, dove la Commissione Ue ha stabilito un calendario per il ritorno dell’istituto sul mercato. Entro la fine di febbraio, infatti, potrebbe arrivare la proroga della nazionalizzazione chiesta dal Tesoro per altri 12-18 mesi. Tale via libera sarà con ogni probabilità subordinato a un’ulteriore ristrutturazione di Rocca Salimbeni e all’esecuzione del nuovo aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro, che consentirà di rafforzare il patrimonio. Soldi pubblici, ovviamente, che lo Stato spenderà mentre taglia su tutto.