“My name is Roma”. La chiusura della campagna della Raggi è… da 5 stelle. Applausi e cori per gli oltre 3mila sostenitori presenti. Sul palco Conte, Di Maio e Fico. E si rivede pure Grillo

Applausi e cori per gli oltre 3mila sostenitori presenti a Roma alla chiusura della campagna elettorale della sindaca Virginia Raggi.

“My name is Roma”. La chiusura della campagna della Raggi è… da 5 stelle. Applausi e cori per gli oltre 3mila sostenitori presenti. Sul palco Conte, Di Maio e Fico. E si rivede pure Grillo

My name is Roma. Forse nel corso di tutta la campagna elettorale capitlina non c’era miglior frase che può far capire l’attaccamento di una candidata sindaca – e sindaca uscente – alla sua città. È questo lo slogan scelto da Virginia Raggi per la serata conclusiva della sua campagna elettorale (qui il video). Una serata che, per la prima volta col nuovo corso targato Giuseppe Conte, ha visto la presenza e la vicinanza di tutto il Movimento cinque stelle compatto.

A tornare a parlare, non a caso, anche Beppe Grillo. Il garante è tornato a parlare in collegamento con la Bocca della Verità, il luogo dove Virginia Raggi ha chiuso la campagna. Ha mandato messaggi alla prima cittadina uscente ma anche a tutto il Movimento. “Tu non sparirai nel caso non vincessi la carica di sindaco, non sparirai dal Movimento, sei nel comitato dei garanti”, dice il fondatore. E ancora: “Se andrai al ballottaggio e vincerai, sarà una vittoria non solo per Roma, per tutta l’Italia e l’Europa. Abbiamo fatto anche cazzate, ci siamo fidati di persone di cui non dovevamo fidarci”.

Sempre rivolto a Raggi: “Io ci sono per rimarcare la mia lealtà nei tuoi confronti. In qualsiasi modo possa andare questa elezione io con le persone sono leale”. Infine un annuncio fondamentale per tutto il Movimento: “È ora che la mia voce torni a farsi sentire nelle piazze. Quello che mi fa paura è la rabbia fredda che può esplodere da un momento all’altro e che nasce anche da come procede l’informazione: c’è un terrapiattismo culturale che ci circonda”. E sembra l’avviso di un ritorno in campo.

AFFETTO E STIMA. A circondare d’affetto la Raggi, però, come detto tanti big del Movimento. Dallo stesso Conte fino a Luigi Di Maio. E tutti, a cominciare dalla stessa prima cittadina, hanno insistito soprattutto sulla legalità, quasi a rimarcare una differenza netta tra la proposta del Movimento e quella di tutti gli altri: “Sulla legalità ci hanno anche presi in giro. Per 40 anni nessuno se ne era accorto, una vergogna. Sono qui con la maglietta ‘My name is Roma’. Me l’ha regalata un nostro candidato. Mi ha spiegato che grazie a quello che abbiamo fatto, l’abbattimento villette, Roma non è più Casamonica, ha iniziato a cambiare nome, si chiama di nuovo Roma. Il mio nome è Roma, non è Roma ladrona come la chiama qualcuno che ha insultato la nostra città per anni e ora viene a fare campagna elettorale candidando un sindaco, vade retro“, ha detto la Raggi.

Che ha aggiunto: “Il mio nome non è Mafia capitale, il mio nome è Roma. Non mollare mi ha detto. E io non mollo”. A ringraziare per questi stessi motivi la sindaca, è stato anche Di Maio. Che ha concluso il suo intervento con un appello accorato: “Vi prego, non torniamo indietro ai bilanci impresentabili e ai raccomandati assunti all’ultimo minuto prima delle elezioni nelle partecipate. Roma è un brand in tutto il mondo, è un biglietto da visita per l’Italia tutta e anche per il Mediterraneo. Votiamo Virginia Raggi”.

Concetto ribadito anche dallo stesso Conte: ““che spesso è stato rimproverato a Virginia è stata una certa lentezza iniziale”, ma la verità è che “neanche superwoman sarebbe riuscita” a fare di più “appena insediata, nella situazione ereditata con una macchina adagiata, sclerotizzata, con un certo ritmo tradizionale”. E giù, ancora una volta applausi e cori dei circa tremila sostenitori presenti lungo tutto l’evento conclusivo. Durante il quale ovviamente non sono mancati neanche riferimenti agli altri candidati.

Da ministro Carlo Calenda, ha spiegato la Raggi, “non ha fatto nulla per i lavoratori né per la città e oggi pretende di venire a governare Roma”. Gualtieri, invece, “si stupisce oggi che Roma sia sotto finanziata ma quando era ministro non ci ha dato nulla”, ha aggiunto. Frasi piccate rivolte a chi in questi ultimi giorni non ha risparmiato critiche, a volte anche gratuite ed esagerate a chi ha amministrato una città difficile finendo finanche sotto scorta per aver sfidato la mafia capitolina. E non sono mancati momenti di spirito. Come quando ha telefonato a sorpresa Maurizio Costanzo: “Prima non ti votavo, ora ti voto”. Per poi concludere, con una battuta: “In bocca al cinghiale”.