Senza censura

Napoli non può perdere i suoi beni comuni

Napoli dal 2011 al 2021 si è caratterizzata per la città dei beni comuni ed anche della sottrazione del patrimonio pubblico agli interessi speculativi privatistici.

Napoli non può perdere i suoi beni comuni

Napoli dal 2011 al 2021 si è caratterizzata per la città dei beni comuni ed anche della sottrazione del patrimonio pubblico agli interessi speculativi privatistici. Il governo ci voleva imporre di vendere il patrimonio storico e stupendo di Napoli per coprire il debito dei decenni passati, tra l’altro debito mai contratto dal popolo napoletano ma dallo Stato attraverso il commissariamento post terremoto del 1980 e quello rifiuti prima della mia elezione: il popolo era creditore altro che debitore.

Napoli dal 2011 al 2021 si è caratterizzata per la città dei beni comuni ed anche della sottrazione del patrimonio pubblico agli interessi speculativi privatistici

Con le delibere sui beni comuni si è anche prevista la liberazione degli spazi pubblici e privati abbandonati che vengono presi in cura e gestione dalle collettività. Attraverso processi, disciplinati con delibere di giunta, di autogestione, autogoverno e proprietà collettive democratiche, luoghi che prima erano depositi abbandonati, discariche, accumuli di degrado, sono divenuti teatri popolari, centri sociali per l’aggregazione popolare, ambulatori dal basso gratuiti, luoghi di intrattenimento sportivo, presidi contro la dispersione scolastica, corsi di lingua per gli immigrati e tanto altro.

Con una fruizione collettiva, attraverso un disciplinare d’uso democraticamente adottato anche con assemblee pubbliche, chiunque può usufruire dei beni comuni che sono sorti a decine dal centro alle periferie. Un laboratorio di partecipazione democratica e di tutela giuridica dei beni comuni unico in Italia e studiato in molti paesi occidentali e dell’America latina.

La giunta Manfredi invece, oltre a mettere in discussione i beni comuni, con difficoltà però perché le nostre delibere sul piano giuridico hanno fondamenta assai solide, ha deciso di mettere in un fondo di valorizzazione immobiliare privato il patrimonio pubblico della città compresi i gioielli monumentali. Quindi vendita dei beni pubblici più pregiati e concessione e gestione privatistica anche dei luoghi simbolo della città in cui si faranno feste private, eventi in cui l’unica finalità è il business, accesso a pagamento.

Altro che beni comuni, saranno beni per la ricchezza di pochi distruggendo patrimonio ed identità della città. Qualcuno ricorderà che nel PAN (Piano d’azione nazionale), il museo della città a via dei Mille, prima del 2011 si facevano le feste private, poi è divenuto il luogo di eccezionali mostre internazionali e di giovani artisti di strada che gratuitamente hanno potuto mostrare il loro talento. Così siamo scivolati dalla cultura bene comune al patrimonio culturale Spa.