Nomine tra i veleni al Csm. Tiene banco il caso Di Matteo. Battaglia per decidere i vertici di diverse Procure. Ma Davigo insorge contro il Riformista: accuse false

Non c’è pace per il Consiglio superiore della magistratura. Dopo lo scandalo Palamara e l’emergenza coronavirus, ci mancava solo la faida tra il consigliere Nino Di Matteo e il ministro Alfonso Bonafede a rendere tesa l’aria a palazzo dei Marescialli. Così quello che doveva essere un normale plenum si è trasformato in una riunione ad alta tensione con l’intervento del segretario della corrente Autonomia & Indipendenza, Piercamillo Davigo, che ha preso la parola per togliersi qualche sassolino dalle scarpe: “Ritengo doveroso informare il Consiglio” che “Il Riformista ha pubblicato un articolo in cui si dice che io sarei il mandante del diverbio intervenuto tra il consigliere Di Matteo e il ministro Bonafede per asserita rappresaglia nei confronti” del guardasigilli “che si sarebbe opposto a un emendamento per prolungare l’età pensionabile dei magistrati” ha spiegato l’ex pm.

“A parte che ignoravo persino l’esistenza dell’emendamento, io non sono il mandante di un bel niente, e questo potrebbe testimoniarlo tranquillamente il consigliere Di Matteo” per questo “a tutela dell’onorabilità non solo mia ma dell’intero Consiglio, ho dato mandato al mio legale di predisporre la querela all’autore dell’articolo”. Un Davigo intervento che ha creato più di qualche mal di pancia con alcuni consiglieri che, secondo quanto trapela, seppur velatamente, si sono sentiti chiamati in causa da Davigo.

CONTI IN SOSPESO. A interrompere il silenzio di tomba calato in Aula è stato proprio Di Matteo che si è limitato a dire: “Prendendo atto della dichiarazione di Davigo, la precisazione è soltanto sull’utilizzo del termine diverbio che non reputo appropriato” perché “ho solo raccontato dei fatti”. Così mentre sulla vicenda prosegue il silenzio del vice presidente David Ermini, la tensione resta oltre i livelli di guardia e potrebbe sfociare in una resa dei conti. Del resto già all’indomani delle accuse di Di Matteo, diversi consiglieri si sono ribellati. In prima fila quelli di M5s secondo cui “togati e laici”, “più di chiunque altro, dovrebbero osservare continenza e cautela nell’esprimere, specialmente ai media, le proprie opinioni”, “per evitare di alimentare speculazioni e strumentalizzazioni politico-mediatiche che fanno male alla giustizia e minano l’autorevolezza del Consiglio”.

NUOVI PROCURATORI Ma quella di ieri è stata una giornata importante anche perché il plenum, nel tentativo di lasciarsi alle spalle le polemiche, ha deciso anche importanti nomine. Al vertice della procura di Bergamo, alle prese con delicate inchieste sui morti per covid-19, arriva Antonio Chiappani, procuratore di Lecco, noto per aver indagato sulla strage di piazza della Loggia e sul sequestro di Giuseppe Soffiantini. Alla guida della sezione Gip di Palermo, invece, approda Alfredo Montalto ossia il magistrato che in tre mesi ha scritto la sentenza monumentale sulla trattativa Stato-Mafia.