Non c’è nesso di causalità tra vaccini e autismo. La Cassazione conferma l’archiviazione di due denunce presentate dai genitori di una bambina di Milano

La suprema Corte ha dichiarato inammissibili "per manifesta infondatezza" i ricorsi di una coppia di genitori

La Corte Cassazione ha dichiarato inammissibili “per manifesta infondatezza” i ricorsi di una coppia di genitori che si opponevano al decreto di archiviazione, disposto dal gip del tribunale di Milano del 4 settembre scorso, della loro denuncia per per lesioni e abuso d’ufficio ai danni della loro figlia, affetta da autismo infantile. Patologia che, ad avviso dei genitori, si sarebbe sviluppata a causa delle vaccinazioni obbligatorie a cui era stata sottoposta la bimba.

La Commissione medica ospedaliera di Milano nel febbraio 2016 aveva ritenuto “fortemente probabile la sussistenza del nesso di causalità tra le vaccinazioni obbligatorie e le infermità della bambina” con il riconoscimento di un indennizzo, ma poco tempo dopo il provvedimento era stato “annullato in autotutela”. I genitori avevano dunque presentato una denuncia per lesioni contro ignoti, per quanto riguarda l’esecuzione delle vaccinazioni, e un’altra per abuso d’ufficio nei confronti della stessa Commissione medico ospedaliera.

Secondo la Cassazione il gip di Milano ha agito correttamente archiviando entrambe le denunce “in quanto l’annullamento in autotutela del primo provvedimento era stato adottato in conformità alle direttive ministeriali, fondate sulle risultanze dei più recenti studi epidemiologici, quindi, nell’ambito di una valutazione discrezionale, di natura tecnica, non sindacabile in sede penale”.

Per la Suprema Corte è corretto, inoltre, ritenere “che la base valutativa, costituita da dati scientifici, e l’allineamento agli stessi in sede di revisione del precedente giudizio espresso escludevano l’ingiustizia del danno e, anche a voler ritenere sussistente una violazione di legge, mancava un qualsiasi indizio che potesse far prospettare che la pretesa condotta irregolare si inserisse in un contesto di obiettiva volontà di ‘abuso’, consistente nel voler intenzionalmente provocare un danno ingiusto”.