Non c’è pace a Riace, decaduto il sindaco leghista. Per i giudici era ineleggibile e il Comune va commissariato. Nei mesi scorsi anche il suo predecessore Lucano era finito nei guai

Non c’è pace a Riace. A qualcuno sembrerà un gioco di parole ma è la triste realtà che vive, ormai da tempo, il comune calabrese dove prima è scoppiato il caso immigrazione che ha travolto l’ex sindaco Domenico Lucano e ora quello che ha portato la Corte d’Appello di Reggio Calabria a dichiarare decaduto il suo successore, il leghista Antonio Trifoli (nella foto). Oltre a decretare la fine del mandato del primo cittadino, confermando la sentenza con cui i giudici del Tribunale di Locri hanno dichiarato ineleggibile l’attuale primo cittadino, per il paesino jonico si prospettano tempi duri e già si parla di un possibile commissariamento. Improbabile, infatti, che la stessa Corte d’Appello di Reggio Calabria possa sospendere la sentenza appena emessa in caso di ricorso in Cassazione da parte di Trifoli.

A sollevare il caso è stata la prefettura secondo cui l’uomo risultava ineleggibile in quanto dipendente del Comune a tempo determinato nel momento in cui ha presentato la propria candidatura. Un’accusa confermata dal ministero dell’Interno, con una nota finita agli atti del fascicolo, secondo cui la condizione lavorativa di Trifoli, “caratterizzata dalla sussistenza, in capo al sindaco di Riace, di un rapporto di lavoro di carattere subordinato, a tempo parziale (26 ore settimanali) e determinato”.

Questo “rende applicabile, al caso di specie, la disciplina di cui al combinato disposto del comma 1, n. 7 e comma 8 dell’articolo 60 del decreto legislativo 267/2000” e quindi Trifoli non poteva candidarsi se non dimettendosi da dipendente comunale perché la tipologia del rapporto di lavoro con il Comune lo obbligava a non poter chiedere l’aspettativa per motivi elettorali. Che la sua condizione di dipendente fosse un problema, Trifoli lo sapeva da tempo e infatti, a dispetto del corposo ricorso presentato, il sindaco leghista in estate, da lavoratore, aveva chiesto al responsabile amministrativo del Comune che da sindaco amministra, il suo trasferimento a Marina di Gioiosa Ionica, un Comune limitrofo. Istanza evasa in tempi record ma che, poco dopo, è stata stoppata dai consiglieri dell’opposizione.

Quel che è certo è che Trifoli si era imposto come colui che avrebbe cancellato quanto fatto dalla precedente amministrazione Lucano. Uno smantellamento, anche simbolico, iniziato dai cartelli che identificavano il borgo come “paese dell’accoglienza” e proseguito nel corso dei mesi, fino al recente tentativo di cancellare i murales che artisti di ogni angolo del globo hanno regalato a Riace, per celebrare l’esperienza di accoglienza e integrazione divenuta famosa nel mondo. Un modello deciso dall’ex sindaco Mimmo Lucano che, però, ha sollevato un vespaio di polemiche a cui ha fatto seguito anche un’indagine della magistratura che lo ha mandato alla sbarra, insieme ad altre 25 persone, con la pesante accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e anche di truffa in relazione ai progetti di accoglienza.