“Non vogliamo governare Gaza”: il piano di Netanyahu irrita i falchi

Israele pronta a entrare a Gaza. L'operazione durerà almeno 4-5 mesi. Nethanyahu mira a "liberarla da Hamas" e poi darla agli arabi, mentre Gvir vuole restare.

“Non vogliamo governare Gaza”: il piano di Netanyahu irrita i falchi

Uno scontro tra falchi – Benjamin Netanyahu – e super falchi – il ministro Itamar Ben Gvir, sul futuro di Gaza. È quello andato in scena ieri fino a notte fonda durante la riunione del gabinetto di sicurezza. Motivo del contendere? L’eventuale reversibilità del piano di occupazione della Striscia di Gaza, che per Netanyahu “non è irreversibile”, perché “siamo pronti a valutare l’interruzione se Hamas accetta le condizioni di Israele”, ha detto, mentre per Gvir “dobbiamo arrivare fino in fondo”. I due però concordano sul fatto che la Striscia vada occupata.

Il piano di Netanyahu

Il suo piano (concordato con Donald Trump) Netanyahu l’aveva reso noto già in mattinata con un’intervista a Fox News, rivelando che Israele intende assumere il controllo dell’intera Striscia di Gaza, ma non in maniera permanente. “Vogliamo liberare Gaza da Hamas, non governarla”, aveva detto, “Vogliamo avere un perimetro di sicurezza e non vogliamo governarlo”, ha spiegato aggiungendo che l’obiettivo è “consegnare la Striscia alle forze arabe che lo governeranno in modo adeguato e non ci minacceranno”.

Spostare un milione di Palestinesi da Gaza

Secondo il progetto la conquista dell’enclave prevede un’attività militare graduale di 4-5 mesi: l’Idf inizierà con la presa di Gaza city. Gli abitanti, circa un milione di persone (metà dei residenti della Striscia), saranno evacuati. Operazione logistica di primo livello che durerà settimane in cui saranno costruite infrastrutture temporanee per gli sfollati con l’ingresso di grandi quantità di aiuti.  I preparativi – riferisce Channel 12 – includono ospedali temporanei, complessi di tende o container abitativi.

Per affrontare il problema della fame a Gaza, l’amministrazione Trump prevede di aumentare il numero dei centri di distribuzione alimentare da 4 a 16 con il presidente che intende destinare circa un miliardo di dollari, finanziato in parte dagli Stati Uniti e in parte da altri Paesi. I fondi permetteranno la creazione di nuovi centri di distribuzione nel centro della Striscia, con l’obiettivo di separare l’assistenza umanitaria dai meccanismi di Hamas e garantire una distribuzione diretta alla popolazione.

Contrario il capo dell’Idf, Zamir

Un piano però che trova la ferma opposizione dell’esercito e dei familiari degli ostaggi. L’occupazione militare della Striscia di Gaza trascinerebbe Israele in un “buco nero” di insurrezioni prolungate, responsabilità umanitarie e maggiori pericoli per gli ostaggi, ha detto il capo di Stato maggiore delle Forze di difesa israeliane (Idf), generale Eyal Zamir. “La cultura del dissenso è parte integrante della storia del popolo d’Israele e rappresenta un elemento fondamentale nella cultura organizzativa dell’Idf. Continueremo a esprimere la nostra posizione senza timore, in modo oggettivo, indipendente e professionale. Non ci occupiamo di teorie, ma di vite umane e della difesa dello Stato. Solo il suo bene e la sua sicurezza sono davanti ai nostri occhi”, ha detto Zamir al forum dello stato maggiore.

L’appello dei familiari degli ostagi

E proprio a Zamir si sono rivolte le famiglie degli ostaggi, chiedendogli di continuare ad opporsi al piano di occupazione. “Non acconsenta a mettere in pericolo i nostri cari,” si legge in un appello del Forum rivolto a Zamir. Il gruppo afferma che il sentimento pubblico sostiene un accordo che liberi tutti i 50 ostaggi, inclusi almeno 28 che si ritiene siano stati uccisi. “Qualsiasi altra decisione sarà chiaramente disumana e segnerà un disastro per gli ostaggi e per l’intero Israele”, aggiunge.

Hamas: “Pagherete un prezzo altissimo”

E non si è fatta attendere la reazione di Hamas: “I piani di Netanyahu di espandere l’aggressione dimostrano senza ombra di dubbio che mira a liberarsi degli ostaggi e a sacrificarli per i suoi interessi personali”, ha dichiarato l’organizzazione palestinese, “le parole di Netanyahu rivelano chiaramente i veri motivi del suo ritiro dall’ultimo round di negoziati, nonostante si fosse vicini a un accordo finale”.

Hamas ha quindi lanciato un monito, sottolineando che “l’espansione dell’aggressione contro il nostro popolo non sarà una passeggiata, il suo prezzo sarà alto”. Intanto Egitto, Qatar e Turchia starebbero facendo pressione su Hamas affinché torni al tavolo delle trattative per una conclusione. Ciò potrebbe accadere la prossima settimana, dicono fonti qatariote.