Nuove ombre sul caso Orlandi. Spunta una chat tra Chaouqui e Balda

"A settembre dobbiamo far sparire quella roba della Orlandi e pagare i tombaroli. Di questo devi parlare al papa".

Nuove ombre sul caso Orlandi. Spunta una chat tra Chaouqui e Balda

“A settembre dobbiamo far sparire quella roba della Orlandi e pagare i tombaroli. Di questo devi parlare al Papa”. È questa la frase che riaccende, nelle ore in cui in Parlamento sono iniziati i lavori della Commissione bicamerale d’inchiesta, il mistero della scomparsa di Emanuela Orlandi, la quindicenne cittadina vaticana scomparsa nel nulla il 22 giugno 1983, a Roma, mentre rientrava a casa.

“A settembre dobbiamo far sparire quella roba della Orlandi e pagare i tombaroli. Di questo devi parlare al papa”

A scambiarsi quell’inquietante messaggio, riguardante proprio il caso Orlandi, secondo quanto scrive Domani, sono gli ex membri della Cosea – la commissione referente di studio e di indirizzo sull’organizzazione della struttura economico-amministrativa della Santa Sede – Francesca Immacolata Chaouqui e monsignor Lucio Vallejo Balda. Una frase, estrapolata da un dialogo Whatsapp, finita da giovedì scorso sul tavolo della Commissione d’inchiesta chiamata a fare luce, oltre che sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, anche sul caso di Mirella Gregori.

Pietro Orlandi, il fratello della 15enne vaticana, da anni in prima linea nella ricerca della verità, ha confermato all’Ansa che “in parte” il contenuto dei messaggi scambiati da Chaouqui e monsignor Balda, da lui consegnati all’0rganismo parlamentare corrisponde a quello pubblicato dal quotidiano Domani. “Le pagine consegnate – spiega Orlandi – sono otto anche se ovviamente non tutte le pagine parlano di Emanuela”.

“Distruggere il Vaticano non ha alcun senso”

“Ascoltami bene adesso abbiamo perso la battaglia giornalisti, almeno non sono la soluzione” scrive il Domani citando altri passaggi dei dialoghi attribuiti ai due ex membri della Cosea. “Adesso facciamo passare l’estate – scrive ancora Chaouqui -, io vado a Singapore e capirò di più. quando torno pensiamo a cosa fare e anche il Papa sarà più lucido. Buttare tutto per aria e distruggere il Vaticano non ha alcun senso. Vediamo se il Papa chiuderà il Vam o che farà. Io ti voglio bene e veramente credo in te e in questa riforma ma così non andiamo lontano”.

“Ho presentato Laura Sgrò a Pietro Orlandi nel 2017 quando nel mio libro ‘Nel nome di Pietro’ citai alcuni fatti riguardanti Emanuela. Il contenuto e le circostanze dei messaggi consegnati da Pietro alla Commissione non saranno oggetto di alcun commento da parte mia perché fanno parte di questioni circa cui sono tenuta al segreto di Stato” scrive su X la pr Francesca Immacolata Chaouqui, dopo che Pietro Orlandi ha rivelato alla Commissione d’inchiesta che fu lei a consegnargli i messaggi Whatsapp che lei e Balda si erano scambiati quando erano entrambi membri della Commissione Cosea, nel 2013.

Chaouqui: “Se c’è una verità io non la conosco”

“Mi dispiace solo – aggiunge Chaouqui – che il sottofondo non detto sia che qualcuno in Vaticano sappia dove sia Emanuela e non lo dice e non è così. Non conosco dove sia Emanuela e neanche se la pista di Londra sia vera, non ho alcun elemento che possa avvicinare alla verità, se lo avessi e fosse coperto da segreto comunque non lo rivelerei perché per me la lealtà al Pontefice viene prima di tutto. Quindi inutile coinvolgermi. Se c’è una verità io non la conosco”.

Il fratello della 15enne parla della pista di Londra e la Commissione segreta una parte dell’audizione

Giovedì, durante la sua prima deposizione davanti alla Commissione, Pietro Orlandi ha accennato anche alla cosiddetta “pista di Londra”, ma quando stava per fare il nome dell’uomo che lo ha contattato e che si sarebbe identificato anche come un ex Nar è stato bloccato dal presidente dell’organismo, Andrea De Priamo, per consentire di secretare il resto dell’audizione. La pista, ha spiegato comunque Orlandi, è legata ai cinque fogli contenenti le presunte note spese sostenute dal Vaticano per occuparsi di sua sorella. Fogli pubblicati in un libro dal direttore del Domani, Emiliano Fittipaldi, ma di cui Pietro era venuto a conoscenza dopo un colloquio con Chaouqui. Documenti da tempo bollati dal Vaticano come “falsi”.