La Sveglia

Occhi su Gaza, la tregua trema e l’artiglieria colpisce

L'artiglieria a Gaza continua a colpire e la tregua trema. Tanto più ora che si parla di crimini di guerra per l'esercito israeliano.

Occhi su Gaza, la tregua trema e l’artiglieria colpisce

C’è una tregua che trema a ogni ora e un “dopo” che si scrive già prima di seppellire i morti. A New York circola la bozza statunitense per una forza internazionale con mandato Onu e un organismo di transizione che dovrebbe “governare” Gaza per due anni. Washington la presenta come soluzione. Sul terreno, intanto, gli ordini sono di radere al suolo le gallerie rimaste, ripulire i quartieri, premere sugli ultimi nuclei combattenti. Le parole rassicuranti nei corridoi diplomatici e l’artiglieria che ancora si sente nella notte. Tutto insieme. Come se fosse normale.

Dicono che la tregua “tenga”. A Gaza City tornano a muoversi le colonne di sfollati che inseguono l’illusione dell’acqua potabile. Nelle tendopoli del sud ci si scambia la posizione di un pozzo come si scambia una notizia di famiglia. Gli ospedali funzionano a sezioni stanche: reparti che si aprono e si richiudono, generatori che tossiscono. L’Ocha parla del 90% della popolazione costretta a spostarsi almeno una volta. Alcuni due, tre, quattro. La terra che scotta sotto i piedi.

Ma c’è un’altra crepa che oggi faceva rumore nelle agenzie: giuristi militari israeliani avrebbero avvertito i vertici dell’esercito che esistono rischi concreti di responsabilità per crimini di guerra. Una nota interna, cauta, burocratica. Una frase che entra di colpo nella stanza dove fino a ieri dominava il “poi vedremo”. Non è giustizia. È soltanto la consapevolezza che un giorno qualcuno chiederà conto. E questo, in guerra, pesa. Intanto, a Istanbul e Ankara si discute del mandato Onu. Tutti d’accordo sulla cornice, nessuno pronto a firmare il cemento. Forza internazionale, ma chi la guida? Chi risponde? Chi indaga? Chi ricostruisce?

Le mappe si disegnano in fretta. I bambini non ricrescono così.