Occupazioni e vendite abusive

di Angelo Perfetti

Nel 2013 sono state indagate circa 800 persone per occupazione abusiva di alloggio. Può sembrare un numero importante, ma invece è appena una goccia nel mare del malaffare che sta dietro (o per meglio dire, dentro) le case popolari romane. Perché diventare possessori (per poi nel tempo cercare di arrivare a essere proprietari) di un appartamento della Capitale è un business che fa gola a molti. A chi pensa di “svoltare”, come si dice a Roma, pagando una cifra minima rispetto al bene del quale entra in possesso, a chi propone l’affare, a chi crea le condizioni perché ciò sia possibile, a chi segnala quando è il momento giusto per entrare in azione. Una storia che va avanti da decenni, e che non si è mai fermata. Nemmeno ora che il nuovo governo Renzi, con il Piano casa voluto da Lupi, ha stabilito che chi occupa una casa non ha diritto all’allaccio di gas, luce e acqua. Eh già, perché la corrente è sempre possibile prenderla attaccandosi abusivamente, e perché spesso chi abita un appartamento lo fa prendendo le sembianze (ossia l’identità) dell’avente diritto. Il fatto che si sia arrivati ora a stabilire per legge un’azione repressiva così forte (e siamo appena all’inizio per dire se funzionerà o meno), la dice comunque lunga su quanto il problema sia reale.

Il meccanismo
A raccontarci il meccanismo occulto, fuori dalle regole e dai contratti, è Anna Maria Addante, presidente dell’Associazione inquilini e proprietari Ater-Iacp. “Quando una casa sta per liberarsi – spiega Anna Maria – chissà com’è qualcuno lo viene a sapere, e praticamente all’istante quell’appartamento viene occupato. Si rischia un po’, perché se vieni beccato in flagranza mentre scassi sono guai, ma se passano 48 ore scatta l’azione amministrativa, cioè ti arriva una multa. Prima del 2006 era una stupidaggine, cinquemila euro, oggi sono 21 mila. Ma è come se non ci fossero, perché in molti quei soldi non ce li hanno, non hanno un reddito, e dunque alla fine non vengono pagati. Ma se anche venissero pagati – spiega ancora Anna Maria – capisce che per circa 20mila euro si diventa in qualche modo titolari di una casa a Roma?
Il business
Mail torbido non sta in questo meccanismo che pure assomiglia tanto a una truffa. Il vero problema è che c’è chi occupa per rivendersi quel posto acquisito, e lo fa a cifre del tutto considerevoli. Si passa dai 20 mila euro di una casa periferica e malandata ai 70 mila per un appartamento più centrale e ben tenuto. “Certo, un margine di rischio sfratto c’è sempre – dice ancora Anna Maria – ma a Roma c’è tanta gente che ha fatto così, e poi una sanatoria, un escamotage alla fine si trova”.
C’è poi un altro modo di lucrare sulle case Ater, ed è quello di dichiarare falsi redditi al ribasso per pagare affitti irrisori.

L’altra truffa
L’affitto minimo scende addirittura a circa 7 euro al mese, ma sono tantissime le famiglie che pagano meno di 80 euro. Peccato che lo scorso anno la Guardia di Finanza ne abbia beccati circa 12 mila che sono stati poi accusati di truffa. Le forze dell’ordine fanno il possibile, l’Ater – in quanto ente – pure: non a caso i dati vengono costantemente incrociati alla ricerca dei furbetti. Ma è come cercare un ago in un pagliaio. Ora, con l’informatizzazione dei dati e il sistema di allerta sulle case sfitte voluto proprio dall’Ater si cerca di arginare il fenomeno. Ma bisognerà fare un’attenta analisi all’interno dello stesso istituto, capire chi dà le “dritte”; spesso basta che un inquilino si assenti qualche settimana per un intervento chirurgico per trovarsi con la serratura cambiata e senza più diritti. E per chi sta dentro vale, come detto, il passaggio amministrativo prima di arrivare ad un eventuale sfratto. Il che vuol dire tempi talmente lunghi che chi ha perso casa ha comunque necessità di sistemarsi altrove.

Le coperture
Una volta stabilito chi è che fa le soffiate, va stabilito chi le riceve. Spesso – e ci sono state intercettazioni in merito – sono le stesse forze politiche a fungere da copertura per l’operazione; per di più con la scusa del disagio sociale, dell’emergenza. Il ripristino della legalità è di là da venire. Qualcosa è stato fatto (ad esempio il sequestro preventivo, quando però si ha subito notizia dell’abuso), ma la strada è ancora lunga.