Oggi finanzia Le Pen, domani Salvini

di Carola Olmi

La storia è antica e tocca uno dei fattori centrali di qualunque democrazia: l’autonomia di chi gestisce la cosa pubblica. In sistemi dove far politica costa, le strade non sono molte: o ci si affida al finanziamento pubblico o si apre – seppur con limiti e regole precise – al sostegno privato e al fundraising. Nel primo caso, sostenere la politica e i partiti ricadrà sulla fiscalità generale e si correrà facilmente il rischio di intollerabili abusi, come è stato con le spese pazze dei gruppi consiliari di molte Regioni. Nel secondo caso si affida ai privati la possibilità di sostenere o no quelle forze politiche chiamate a fare gli interessi generali, anche (e soprattutto) a costo di far prevalere questi interessi pubblici su quelli particolari di chi mette mano al portafoglio. E siccome in genere che paga ha ragione…

TUTTO IL MONDO È PAESE
L’ultimo caso arrivato a porre la questione nasce in Francia, dove il Front National guidato da Marine Le Pen ha ottenuto l’apertura di una linea di credito per 9 milioni di euro dalla Fist Czech Russian Bank. Si tratta di un istituto controllato da Roman Yakubovich Popov, banchiere notoriamente vicino al presidente Vladimir Putin. La decisione, anticipata dal quotidiano online Mediapart, è stata minimizzata dal partito che viene dato ampiamente in testa nei sondaggi per le presidenziali del 2017. “Siamo in piena crescita – ha spiegato il tesoriere, Wallerand de Saint-Just – e abbiamo bisogno di una cifra tra i 30 e i 40 milioni di euro”. Soldi che per 2 milioni – pari alla prima tranche del prestito – sono già arrivati dalla Russia. La domanda dunque torna spontanea: quanto può ritenersi libero un partito che deve rappresentare gli interessi della Francia se poi è indebitato con una banca che naturalmente fa gli interessi di un altro Paese? “Avrei preferito una banca francese, o anche una europea per una questione di vicinanza e di lingua – ha ammesso il tesoriere del Front National – ma nessuna banca è più disposta a darci un centesimo”. E qui sempre ieri il Corriere della Sera, che riportava la notizia, anticipava il nodo della questione: dopo lo scandalo Sarkozy le banche francesi non sono più disposte a concedere prestiti ai partiti. E il sistema dunque non ha scelta che restare affamato (e dunque corruttibile) o aprire a qualunque tipo di finanziamento, compreso il prestito di una banca vicina al leader politico di un Paese con cui esistono millle motivi di contrasto.

LO SCANDALO
La vicenda di Nicolas Sarkozy è d’altronde emblematica. Nel 2012, dopo che il Consiglio costituzionale gli bocciò i conti, l’ex presidente fu costretto a rinunciare a 11 milioni di euro di rimborsi pubblici. Da qui la scelta di optare per un istituto russo, anche se Francois Hollande sta da tempo portanto avanti politiche in opposizione a Putin. L’attuale inquilino dell’Eliseo si rifiuta, infatti, di consegnare le due navi da guerra Mistral prodotte nei cantieri di Saint-Nazaire che rientrano nel contratto firmato da Sarkozy nel 2011. “Meglio un prestito da una banca russa – ha chiosato Christian Bouchet dal quartier generale del Front National – che prendere i soldi da Gheddafi come fece Sarkozy”. La questione resta tutta aperta, non solo in Francia ma anche in Italia, dove c’è un altro euroscettico a caccia di soldi e che piace a Putin: Matteo Salvini.