L’omelia del Capitano. Matteo si crede Papa e scomunica la Cei sui rifugiati. E ne ha anche per Mattarella, reo di aver dato vita al Conte-bis

L’omelia, ormai, è un disco rotto. Matteo Salvini torna ad attaccare Sergio Mattarella sulla nascita del Governo Conte 2 e la Conferenza episcopale sul tema dei migranti. E riprende il corteggiamento al Cavaliere per un Centrodestra unito e plurale: “Preferisco sempre il gioco di squadra – osserva -. Per vincere servono sempre 11 giocatori, uno da solo non ce la fa”. Peccato che quando occupava la poltrona del Viminale tra gli ex colleghi M5S nessuno se ne sia accorto. Già a Pontida, il segretario federale era stato ruvido con l’inquilino del Quirinale, affermando che, nella soluzione della crisi, “sono state fatte scelte che non corrispondono alla volontà popolare”.

Ma ieri l’affondo a Mattarella è stato molto più diretto: “Mi spiace che il Presidente della Repubblica abbia avallato questo triste, squallido giochino di Palazzo. Abbiamo un governo barzelletta e mi domando perché abbia permesso tutto ciò”. Ma il Colle non è l’unico obiettivo dell’ex ministro dell’Interno. Sul tema dell’accoglienza dei migranti mette nel mirino la Cei. In particolare attacca il vice presidente della Conferenza dei Vescovi, mons. Mario Meini, secondo cui “ricordare la dignità che rende intangibile ogni vita umana significa anche non arrendersi alla cultura del ‘prima noi e poi gli altri’: quando l’altro è persona bisognosa, priva di ogni opportunità – sottolinea monsignor Meini – le nostre chiusure consolidano ingiustizie ed egoismi”.

Replica di Salvini: “Con tutto il dovuto rispetto per la Cei, con milioni di Italiani (e tanti immigrati regolari e perbene) senza casa, senza lavoro e senza speranza, è dovere di un buon politico italiano occuparsi prima di queste sorelle e fratelli in difficoltà, poi anche del resto del mondo. Aiutare i pochi che scappano davvero dalla guerra è un dovere, aprire i porti italiani a tutto il mondo è una follia”. Toni decisamente più distesi, invece, all’interno del Centrodestra. In attesa del vertice, forse già oggi, con gli alleati in vista delle Regionali in Umbria, Salvini, smette di far pesare la sua oggettiva leadership lodando di “gioco di squadra”. Insomma, un colpo al sacro (la Cei) e uno al profano (lo Stato). Un assaggio di cosa intendeva quando reclamava per sé i “pieni poteri”. Evidentemente pure quelli divini.