di Gaetano Pedullà
L’Italia ha bisogno di girare pagina. Un giornale riformista come La Notizia lo scrive tutti i giorni. Ma una cosa è cambiare il Paese, rottamarne la classe dirigente e le regole bizantine, un’altra è far fuori i leader politici – che possano piacere o non piacere – accelerandone la decadenza dal Parlamento, applicando la legge Severino a un caso giudiziario come quello di Berlusconi, avviato prima dell’entrata in vigore della norma. In questo modo, dietro un apparente girare pagina si apre invece una nuova stagione di veleni. Da che mondo è mondo siamo abituati a dividerci in Guelfi e Ghibellini. Di un nuovo referendum su Berlusconi, dopo venti anni di berlusconismo, non ne sentivamo proprio il bisogno. La decisione di ieri in Senato apre invece un nuovo conflitto. Trasforma il Cavaliere in un martire della politica – almeno agli occhi dei suoi sostenitori – e apre un lungo periodo di campagna elettorale. Della pacificazione promessa dalle larghe intese non resta traccia. Anzi, ormai da giorni volano gli stracci, non solo tra centrodestra e centrosinistra, ma anche all’interno dei due blocchi, con il Pd spaccato tra parte delle vecchia nomenklatura e renziani, e l’ex Pdl diviso tra i lealisti confluiti in Forza Italia e i governativi di Alfano diventati Nuovo centrodestra. Dopo quasi vent’anni di bipolarismo i partiti tornano a frantumarsi, balcanizzando le grandi famiglie politiche e non promettendo niente di buono per uscire dalla crisi. A otto mesi dalle ultime elezioni l’Italia sta peggio di prima e da governo e parlamento sono arrivate fin ora solo poche aspirine e molti salassi (come la nuova legge di stabilità). Adesso il governo è impegnato a imbastire le riforme. Ma in questo clima e con i numeri cambiati alla camera e al senato le speranze di far qualcosa sono minime. Perdere altro tempo, come facciamo dal giorno dopo lo sterile voto di marzo scorso, è un errore che rischiamo di pagare troppo caro.