Avrebbe pianificato di uccidere prima Chamila Wijesuriya, la barista 50enne dell’hotel Berna di Milano con la quale aveva una relazione, e poi il collega Hani Nasr, che però si è difeso ed è sopravvissuto, Emanuele De Maria, il detenuto evaso dal carcere di Bollate durante un permesso lavorativo venerdì scorso e morto suicida domenica, dopo essersi gettato dalla cima del Duomo.
È l’ipotesi investigativa del pm Francesco De Tommasi che ieri ha disposto le autopsie anche per accertare se l’uomo, autore di un omicidio e di un tentato omicidio premeditati, avesse assunto sostanze stupefacenti.
Si cerca di ricostruire le ultime 48 ore di De Maria
Le indagini stanno ricostruendo i movimenti di De Maria nelle 48 ore precedenti al suo suicidio, per capire dove è stato durante le notti di venerdì e sabato e se qualcuno, ignaro del suo piano omicida, gli abbia dato ospitalità.
Gli accertamenti stanno cercando di appurare cosa abbia fatto negli orari in cui è sparito dai monitor delle telecamere e dalle celle telefoniche. Al momento si sa che ha spento il cellulare e ha chiamato la madre e la cognata con il telefono di Chamila per chiedere “perdono” e spiegando loro di aver fatto una “cazzata”.
Quelle due notti di buco
Dopo le 17 di venerdì, quando è stato ripreso sulle scale della metropolitana, di lui si sono perse le tracce fino alla mattina seguente, quando alle 6.17 è arrivato all’Hotel Berna e ha tentato di uccidere il collega. Poi è sparito di nuovo, fino a quando poco prima delle 14 di domenica si è gettato dalla terrazza del Duomo, dove era salito come un normale turista pagando il biglietto e senza essere riconosciuto dalle forze dell’ordine.
Nasra, il collega sopravvissuto, è già stato sentito da inquirenti e investigatori e ha spiegato di aver messo in guardia la 50enne, consigliandole di interrompere la relazione, in quanto il 35enne aveva una condanna definitiva per aver accoltellato a morte, nel 2016, un’altra donna.
Gasparri ne approfitta per attaccare la Magistratura
Intanto è esplosa la polemica sul permesso di lavoro all’esterno concesso a De Maria. Da ieri il caso è al vaglio del ministero della Giustizia e il centrodestra ne approfitta per gettare la croce addosso ai magistrati.
“Chiedo un’ispezione sulle strutture giudiziarie che sono responsabili dei permessi concessi a De Maria”, ha urlato il forzista Maurizio Gasparri, “È incredibile che una persona responsabile di un femminicidio abbia potuto fruire di permessi utilizzando i quali ha commesso altri gravissimi delitti e si è suicidato con modalità che avrebbero potuto causare ulteriori tragedie”. “Le valutazioni della magistratura sono state evidentemente sbagliate”, ha continuato, “ed è necessario individuare le colpe e sanzionare chi ha commesso un errore così grave, nella speranza che questa volta chi ha sbagliato nella Magistratura paghi e non accada quello che accade sempre: le toghe sbagliano ed i cittadini pagano”.
Sala: “Permesso difficile da spiegare”
Anche il sindaco Beppe Sala si è accodato al coro delle critiche: “Capisco lo sgomento, perché indubbiamente è una cosa che è difficile da spiegare ai cittadini di come, dopo un omicidio, la condanna sia di 14 anni e dopo non molti anni il condannato possa uscire”. “Sono le leggi però per cui” ha aggiunto, “non saprei neanche che commento fare. Certamente è una faccenda molto cruenta”.
Per il legale dell’omicida “accaduto inimmaginabile”
Per il suo legale, Daniele Tropea, De Maria “meritava il permesso di lavorare fuori visto l’ottimo percorso che aveva fatto all’interno del carcere”. “La sua posizione era stata valutata dall’area educativa del carcere di Bollate e dal magistrato di Sorveglianza di Milano”, ha spiegato l’avvocato, “Non mi sarei mai aspettato nulla di quanto accaduto e nemmeno che De Maria potesse trasgredire le regole. È un fatto completamente inimmaginabile”, ha concluso.