Ora pensiamo a spingere sull’economia

Di Gaetano Pedullà

Per un giornale riformista, l’approvazione di una norma che ridimensiona il Senato e così accelera l’iter legislativo dovrebbe essere una botta di adrenalina. Scusate se non ci viene troppa voglia di festeggiare. Il Paese è in ginocchio e cambiare Palazzo Madama non porterà un euro in tasca agli italiani. Inoltre la riforma è un pastrocchio, come non poteva che essere il frutto di una mediazione tra le capre del Pd di Renzi (senza offesa!) e i cavoli della Forza Italia di Berlusconi.

Piuttosto che costruire un Senato di nominati quanto sarebbe stato meglio abolirlo del tutto, con un taglio più profondo di una Costituzione dove il bicameralismo era stato introdotto per controllare meglio l’esecutivo. Allora erano altri tempi: si usciva dal fascismo e la priorità era impedire un nuovo regime. Tutto giusto, ma oggi che abbiamo internet, che possiamo controllare e valutare con strumenti nuovi l’operato del premier e dei suoi ministri, la priorità è la governabilità. E il bicameralismo perfetto è una zavorra in tempi che richiedono velocità nel decidere.

Dunque, piuttosto che tenere in vita il Palazzo, giusto per farne uno sfogatoio delle Regioni, sarebbe stato meglio cancellarlo proprio. E mentre ci siamo, iniziare a cancellare anche le Regioni, delle quali fino al 1970 c’erano solo poche tracce e non risulta che qualcuno sia morto per questo. Le riforme di cui ha bisogno oggi il Paese sono dunque tagli più netti. Ma non solo. Portato a casa in prima lettura il Senato adesso il timone va girato subito verso l’economia. Ridurre le tasse e il costo del lavoro. Queste sì che sono le riforme che aspettiamo.