C’è nessuno? Ecco, pare proprio che l’otto per mille a gestione statale sia un po’ come la famosa particella di sodio della nota marca d’acqua. Perché se si volesse conoscere come i (tanti) soldi destinati dai contribuenti allo Stato con la dichiarazione dei redditi, vengano poi impiegati, risulta piuttosto complicato. Ad occuparsene il dipartimento per il Coordinamento amministrativo di Palazzo Chigi, ma i dati sono praticamente inesistenti.
Il meccanismo – Per capire, però, di cosa stiamo parlando facciamo un piccolo passo indietro. Accanto ai contributi che si possono devolvere alle varie confessioni religiose (a cominciare da quella Cattolica), infatti, c’è anche la possibilità di destinare l’otto per mille allo Stato, che poi può, a seconda di determinati parametri e delle domande che vengono presentate da associazioni, Ong o Comuni, destinare le quote a progetti relativi a calamità naturali, edilizia scolastica, fame nel mondo, assistenza ai rifugiati, beni culturali. Soprattutto per quanto riguarda l’edilizia scolastica, bisogna ricordare che fu una trovata, lodevole, del governo di Matteo Renzi e di cui lo stesso ex premier si è tanto beato. Peccato però, come si diceva, che è impossibile conoscere i dati relativi alla gestione statale dell’otto per mille. Sul sito istituzionale, infatti, gli ultimi report risalgono addirittura al 2014 e fanno riferimento alle dichiarazione dei redditi del 2013. Dopodiché il gelo. Ma c’è di più Desta legittimo stupore, ad esempio, che l’ultima relazione presentata in Parlamento risalga addirittura al 2011, esattamente come l’ultima pubblicazione (in cui si rende conto conto di come siano stati impiegati i fondi) è del maggio 2011. Ovviamente il nostro giornale ha provato a chieder conto al dipartimento interessato. Peccato però non ci sia stata fornita alcuna risposta. Il silenzio più totale.
Gli ultimi tragici numeri – Eppure non parliamo di pochi spiccioli: secondo i dati del Mef, per il 2015 parliamo di un importo di 195 milioni e per il 2016 di 187 milioni. Ma il punto è che la relazione è essenziale per capire se poi i soldi vengano realmente utilizzati. Già, perché negli anni passati è capitato che i fondi siano stati poi “distratti” per fini diversi da quelli preventivati. Non è un caso che lo stesso Mef precisi che “per lo Stato, gli importi riportati sono quelli potenzialmente attribuibili in base alle scelte dei contribuenti, vale a dire al lordo delle riduzioni previste dalla normativa”. Insomma non è detto che poi arrivino a destinazione. Un esempio? Prendiamo l’ultima relazione della Corte dei Conti a riguardo (2015): su ben 2.508 attività ammesse a finanziamento, hanno beneficiato del fondo solo in 70. Il 2%. Se l’importo assegnabile doveva essere di 170 milioni, a causa di impressionanti tagli (circa 137 milioni, l’80%), sono stati solo 33 quelli usati. Ecco, il fatto che da Palazzo Chigi non ci sia nemmeno trasparenza da tre anni, non è un bel segnale.
Tw: @CarmineGazzanni