La pace nella Striscia regge a fatica: Hamas annuncia il rilascio di altri tre ostaggi, mentre Usa e Israele cercano di ritardare la ricostruzione di Gaza per sfollare i palestinesi

La pace nella Striscia regge a fatica: Hamas annuncia il rilascio di tre ostaggi, ma gli Usa cercano di ritardare la ricostruzione di Gaza

La pace nella Striscia regge a fatica: Hamas annuncia il rilascio di altri tre ostaggi, mentre Usa e Israele cercano di ritardare la ricostruzione di Gaza per sfollare i palestinesi

Salvo colpi di scena imprevedibili, come annunciato nei giorni scorsi, oggi Hamas rilascerà tre ostaggi, seguiti da altri tre sabato. Tra loro figurano Arbel Yehoud, civile al centro di un caso diplomatico poiché, secondo Israele, avrebbe dovuto essere liberata già all’inizio del cessate il fuoco; la soldatessa Agam Berger; e, secondo le ultime indiscrezioni, il 65enne Keith Siegel, cittadino statunitense.

In cambio, come stabilito nella prima fase dell’accordo di tregua per la Striscia di Gaza, le autorità israeliane rilasceranno 30 prigionieri palestinesi per ogni ostaggio liberato. Nonostante le difficoltà, la tregua sembra reggere, e a Doha, in Qatar, sono in corso frenetici preparativi per un nuovo round negoziale. L’obiettivo è raggiungere un’intesa per estendere il cessate il fuoco e avviare la seconda fase – di tre previste – del piano di pace.

La pace nella Striscia regge a fatica: Hamas annuncia il rilascio di altri tre ostaggi, mentre Usa e Israele cercano di ritardare la ricostruzione di Gaza per sfollare i palestinesi

La relativa calma nell’area, pur con operazioni militari israeliane ancora in corso – l’ultima delle quali, ieri in Cisgiordania, avrebbe causato la morte di cinque persone – ha favorito il ritorno di centinaia di migliaia di palestinesi nella zona nord della Striscia di Gaza. Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Ocha), oltre 376.000 sfollati sono già rientrati, mentre migliaia di altri si stanno mettendo in marcia attraverso le due strade principali lungo il corridoio di Netzarim, da cui le truppe israeliane si sono definitivamente ritirate in base agli accordi tra Hamas e il primo ministro Benjamin Netanyahu.

Tuttavia, il rientro è reso quasi impossibile dal fatto che il 90% delle strutture e degli edifici nell’area è stato distrutto o reso inagibile. La devastazione pone una vera e propria emergenza umanitaria, che richiederebbe un immediato intervento della comunità internazionale per la ricostruzione. Secondo le stime più recenti, i lavori richiederanno decine di miliardi di dollari e almeno un decennio. Tuttavia, secondo quanto riportato da Al-Araby Al Jadeed, un notiziario in arabo con sede a Londra e di proprietà del Qatar, un piano finanziato dagli Stati Uniti e dai Paesi del Golfo prevede il rinvio della ricostruzione fino a quando non saranno concordate misure per garantire la sicurezza delle comunità israeliane lungo il confine.

Secondo l’emittente, l’amministrazione di Donald Trump, attraverso il suo inviato in Medio Oriente, Steve Witkoff, avrebbe promesso a Netanyahu di mantenere Gaza inabitabile il più a lungo possibile. L’obiettivo? Spingere i palestinesi a rifugiarsi in Giordania, Egitto e negli altri Paesi arabi vicini, sostenendo così il progetto di Trump di svuotare definitivamente la Striscia.

Il piano b per Gaza

Difficile, però, che questo progetto possa concretizzarsi, dal momento che nessuno degli Stati della regione si è reso disponibile ad accogliere i rifugiati palestinesi. Anzi, hanno respinto con fermezza tale ipotesi, definendola una “linea rossa da non oltrepassare”, che potrebbe far ripiombare l’intero Medio Oriente nel caos.

Ne è consapevole il nuovo Segretario di Stato, Marco Rubio, che sta cercando soluzioni alternative. Il fedelissimo di Trump ha recentemente avuto un colloquio telefonico con il suo omologo egiziano, Badr Abdelatty, sottolineando la necessità di ribadire che “Hamas è responsabile” della guerra, insistendo sulla necessità di instaurare “una stretta cooperazione” tra i due Paesi al fine di “far progredire la pianificazione post-conflitto, garantendo che Hamas non potrà mai più governare Gaza o minacciare Israele”.