Tutti uomini, del Nord, contrari all’intervento pubblico in economia, che minimizzano la questione meridionale e snobbano il cambiamento climatico alla faccia del green deal dell’Europa. Non sono stati solo il dem Peppe Provenzano e Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana a criticare Mario Draghi per la scelta di reclutare a Palazzo Chigi economisti che il vice di Enrico Letta ha definito “ultras liberisti”.
Un plotone di 150 economisti ha scritto una lettera aperta al premier –pubblicata dal Domani e dal Manifesto – sulla nomina dei cinque consulenti al Nucleo tecnico per il coordinamento della politica economica presso il Dipartimento di Programmazione Economica di Palazzo Chigi. Ovvero di di Carlo Cambini, Francesco Filippucci, Marco Percoco, Riccardo Puglisi e Carlo Stagnaro. La premessa dei firmatari – tra cui compaiono Nicola Acocella, docente emerito di politica economica all’università La Sapienza di Roma, Giovanni Dosi, direttore dell’Istituto di Economia alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Emanuele Felice, ordinario di Politica economica presso l’Università “Gabriele D’Annunzio” di Chieti-Pescara ed ex responsabile economia del Pd, Mauro Gallegati, docente dell’università Politecnica delle Marche, Andrea Roventini, Sant’Anna – è che nei prossimi mesi il governo si troverà ad affrontare la più difficile sfida degli ultimi decenni indirizzando l’uso delle risorse del Pnrr a sostegno dell’economia italiana colpita dalle conseguenze dell’emergenza pandemica.
Leggi anche: Da Giavazzi a Stagnaro. Gli esperti di Draghi che piacciono a Renzi. Indigesti ai keynesiani di Pd e Leu. Ma difesi da Italia viva a spada tratta.
Ma le recenti notizie di stampa riguardo la nomina dei cinque consulenti “rischiano di danneggiare l’immagine di competenza tecnica del governo e la fiducia nel suo operato”. Oltre alla omogeneità di genere e geografica (cinque uomini tutti operanti in Università e istituti di ricerca del Nord) “vi è – sottolineano gli economisti – una preoccupante presenza di studiosi portatori di una visione economica estremista caratterizzata dalla fiducia incondizionata nella capacità dei mercati di risolvere autonomamente qualsiasi problema economico e sociale”.
Da cui ne consegue che “appare paradossale che ci si prepari a gestire il più esteso piano di investimenti pubblici degli ultimi decenni con una squadra di consulenti che in alcuni casi non paiono possedere i previsti requisiti di comprovata specializzazione e professionalità, con riferimento ai temi su cui saranno chiamati a lavorare. Inoltre, alcuni fra i nominati sono noti per il sostegno aprioristico ad una teoria che afferma l’inutilità, se non la dannosità, dell’intervento pubblico in economia”.
E non è finita: “Desta stupore la presenza tra i cinque nominati di consulenti che rappresentano posizioni antiscientifiche che minimizzano la questione del cambiamento climatico e l’urgenza di adeguate politiche d’intervento, minando così la credibilità del governo riguardo il principale pilastro delle politiche economiche europee dei prossimi anni che il governo dovrà realizzare, in sintonia con il Green Deal dell’Ue”.
Nel mirino è Stagnaro, in questo caso. Punto dolente il Sud. “Rispetto alla questione del Mezzogiorno in alcuni casi le loro posizioni sono di scarsa attenzione e di riduzionismo della rilevanza del problema, oltre che di critica dell’efficacia dell’intervento pubblico italiano ed europeo a riguardo. Tali preoccupazioni sono rafforzate dalla loro appartenenza a think-tank liberisti dei quali non sono noti i finanziatori”.
I firmatari ritengono che il governo Draghi dovrebbe riconsiderare alcune nomine e avvalersi di collaboratori e collaboratrici sempre di indiscussa competenza e obiettività sui temi trattati, attenti al ruolo che gli investimenti del Pnrr potranno avere nel contesto del nuovo intervento pubblico in economia.