Passerella al Salone del mobile. E due figuracce per la Meloni

La Meloni al Salone del Mobile di Milano ha parlato di migranti, lotta al Reddito di cittadinanza e creazione del liceo del Made in Italy.

Passerella al Salone del mobile. E due figuracce per la Meloni

Mentre il cognato-ministro Francesco Lollobrigida dal palco del convegno della Cisal a Roma proclamava che “non possiamo arrenderci alla sostituzione etnica”, sostituendo con i migranti i figli che gli italiani non fanno, la premier Giorgia Meloni diceva le stesse cose, ma usando parole più soft, mentre inaugurava la 61esima edizione del Salone del Mobile di Milano.

La Meloni al Salone del Mobile di Milano ha parlato di migranti, lotta al Reddito di cittadinanza e creazione del liceo del Made in Italy

Le dichiarazioni rilasciate dalla presidente del Consiglio durante la sua visita in Fiera formano un collage i cui pezzi rimarcano quali sono i temi cari alla destra che governa l’Italia: stop ai migranti, lotta al Reddito di cittadinanza, creazione del liceo del Made in Italy per promuovere “un sapere artigiano” (con un implicito ritorno a una scuola classista che differenzia le possibilità in base al ceto sociale), incentivi alla maternità, occhio di riguardo alle pmi (“più assumi, meno paghi”).

“È oggettivo che in Italia abbiamo un problema di tenuta del nostro sistema economico e sociale. Dato dal fatto che per troppi anni non abbiamo investito sulla natalità e sulla demografia: di fatto noi abbiamo sempre più persone da mantenere e sempre meno persone che lavorano. Questo problema si risolve in vari modi e il modo sul quale lavora il governo non è risolverlo con i migranti ma risolverlo con quella grande riserva inutilizzata del lavoro femminile”, ha detto la Meloni.

Per la premier “mentre noi continuiamo ad accapigliarci sul Reddito di cittadinanza, che comunque il governo conferma di non voler continuare a dare a chi è in condizioni di poter lavorare, poi scopriamo che le nostre aziende dicono che in quattro casi su dieci hanno difficoltà a trovare manodopera qualificata e posti di lavoro ottimamente retribuiti”.

La Cgil sbugiarda il premier Meloni: il personale manca per colpa delle paghe da fame

La smentita alle sue parole è arrivata quasi in presa diretta dal segretario generale della Fillea-Cgil, Alessandro Genovesi, al termine di una delle assemblee che in questi giorni si stanno svolgendo nelle aziende del legno in vista dello sciopero nazionale di 8 ore proclamato dai sindacati delle costruzioni di Cgil, Cisl e Uil per il 21 aprile. “Il settore del legno e dell’arredo viene da tre anni di profitti record (+14% nel 2020, + 25,5% nel 2021, +12,6% nel 2022) con previsioni, a detta degli stessi imprenditori, positive anche per il futuro (+10% stimato)”, ha dichiarato Genovesi, “peccato che di questi profitti i lavoratori del settore non vedano neanche un euro e siano costretti a fare sciopero per vedersi riconosciuto il diritto ad un equo rinnovo del contratto nazionale e che non vogliono riconoscere gli stessi aumenti ai tanti lavoratori, operai, tecnici, impiegati, designer che fanno forte il nostro Made in Italy”.

Giorgia Meloni potrebbe trovare nelle parole di Genovesi anche la risposta al perché, come da lei rimarcato, “mentre il governo conferma di non voler dare il reddito di cittadinanza a chi è in condizione di lavorare, scopriamo che le nostre aziende in 4 casi su 10 fanno difficoltà a trovare manodopera qualificata”. Nelle dichiarazioni di ieri, rilasciate prima che la premier facesse un giro autarchicamente soltanto tra gli espositori italiani (il 30% degli stand del Salone è di aziende straniere che la Meloni non ha degnato della sua presenza), la leader di Fratelli d’Italia, che era accompagnata dalla sorella Arianna, moglie di Lollobrigida, ha martellato a più riprese “sulla demografia e quindi sull’incentivazione della possibilità delle famiglie di mettere al mondo figli”.

Priorità per cui il governo sta lavorando, ha detto. Quindi rispondendo a una domanda sull’osservazione fatta nel Def per cui i migranti aiutano il Pil, Meloni ha osservato che “questo problema si risolve in vari modi e il modo in cui lavora il governo non è risolverlo con i migranti”. La foto con i bambini in Etiopia dopo solo tre giorni è già uno sbiadito ricordo della propaganda meloniana.