Patrimoniale, ci riprovano sempre

di Stefano Sansonetti

Un blitz in piena regola. Forse tentato per rinverdire lo slogan “anche i ricchi piangono”, lanciato tra mille contestazioni nel lontano 2007. Mentre il paese segue le vicende legate all’impasse istituzionale, dominato dal tentativo di formare un governo guidato da Enrico Letta, zitto zitto Nichi Vendola ha provato a inserire una bella patrimonale. L’operazione risale a qualche giorno fa, quando la deputata di Sel, Titti Di Salvo, ha presentato un emendamento al decreto legge sul pagamento alle imprese dei debiti da parte della pubblica amministrazione (dl 35 del 2013). In commissione speciale, dove il provvedimento è all’esame, la proposta di modifica non è passata per inammissibilità. Ma che cosa prevedeva l’emendamento?
Semplice, l’obiettivo era quello di introdurre un’imposta sui patrimoni immobiliari. In particolare il prelievo avrebbe dovuto colpire “i soggetti proprietari o titolari di altro diritto reale su immobili a uso abitativo il cui valore complessivo è superiore a 1,2 milioni di euro”. Per le persone fisiche, proseguiva la proposta, l’imposta sarebbe stata determinata applicando aliquote differenziate a seconda degli scaglioni: 0,5% da 1,2 a 1,7 milioni di euro, 0,8% oltre 1,7 milioni. Alla fine è stato tutto inutile, perché la commissione ha stoppato il blitz ritenendolo inammissibile per estraneità alla materia trattata dal decreto. Ma l’operazione, seppure abortita, può far capire che aria tira dalle parti di alcuni partiti. E che piega potrebbero prendere le discussioni non appena sarà formato il nuovo governo, soprattutto se le forze politiche dovessero convergere su una delle richieste principali avanzate dal Pdl di Silvio Berlusconi: l’abolizione dell’Imu sulla prima casa. A parole in molti sono disponibili a trattare la questione, soprattutto per venire incontro alle legittime richieste di alleggerimento del carico fiscale da parte dei contribuenti. Ma è un fatto che per sostenere la cancellazione dell’Imu sulla prima casa servirebbero ben 4 miliardi di euro. Non proprio bruscolini, in un momento dove è sempre più complicato capire da dove si possono prendere risorse. Chissà, forse anche in questa direzione emergono alcune proposte emendative come quella di Sel. Che però, stante la ferrea opposizione del Pdl, non sembrano avere chance di successo. Anche perché, sempre a stare al piano che ha in mente il partito di Berlusconi, la copertura di un’eventuale alleggerimento dell’Imu andrebbe trovata aumentando il prelievo su giochi, tabacco e alcol.

Pioggia di emendamenti
Nel frattempo sul decreto legge per il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese sono piovuti 680 emendamenti in commissione speciale. “Ma il 45% è stato già dichiarato inammissibile”, ha chiarito ieri Giovanni Legnini (Pd), che insieme a Murizio Bernardo (Pdl) è relatore del provvedimento. “E tutte le proposte di modifica sull’Imu”, ha aggiunto Legnini, “sono cadute proprio perché considerate inammissibili”. Di sicuro la discussione continuerà nei prossimi giorni, e l’atmosfera è in grado di produrre qualche novità, se non altro a livello delle intenzioni programmatiche delle varie forze politiche. Come dire: ciò che non passa come emendamento al decreto potrebbe tornare d’attualità una volta che il governo si sarà formato e si dovrà ragionare sui singoli provvedimenti.

Il nodo dell’Imu
Il fatto è che sull’Imu si gioca una partita a dir poco difficile. Sempre nei giorni scorsi, ha ricordato ancora Legnini, il governo ha integrato il Def (Documento di economia e finanza) rendendo stabile l’Imu a partire dal 2015. Il timore delle osservazioni dell’Unione europea, in pratica, ha spinto l’esecutivo dimissionario a dare un segnale di stabilità delle entrate. Ma la situazione rischia di diventare a dir poco traballante se, come appare certo, torneranno a suonare le sirene dell’abolizione dell’Imu. E qui si giocherà buona parte del futuro governo Letta, se riuscirà a essere costituito, perché sarà chiamato a dare un concreto segnale di alleggerimento del carico fiscale cercando di recuperare in modo intelligente le risorse necessarie. Magari andando ad attingere ai sempre invocati tagli alle spese che troppe volte, sin qui, sono stati disattesi. Nessuno si sogna di chiedere tagli alla spesa pubblica necessaria. Ma nel perimetro della spesa cosidetta improduttiva, ancora sin troppo largo, ci sono ampi margini d’intervento. Ed è proprio questo lo snodo attraverso il quale passerà buona partre della credibilità del prossimo governo.

@SSansonetti