Patto di stabilità, trovato l’accordo sulla riforma: piani nazionali entro settembre

Trovata l'intesa in Ue tra Consiglio e Parlamento sulla riforma del Patto di stabilità: i piani nazionali da presentare entro settembre.

Patto di stabilità, trovato l’accordo sulla riforma: piani nazionali entro settembre

Nella notte tra venerdì e sabato è stato trovato un accordo preliminare tra Parlamento e Consiglio Ue sulla riforma del Patto di stabilità. Per sbloccare le trattative sulle nuove regole di bilancio ci sono volute più di 16 ore di negoziato, ma alla fine si è riuscito a chiudere in un solo giorno, con il pacchetto atteso dal vaglio delle due istituzioni prima della fine della legislatura, ormai vicina.

La presidenza belga dell’Ue ha confermato che le nuove regole prevedranno una traiettoria di riduzione di deficit e debito nel caso in cui siano superiori al 3% e al 60% del Pil. Sarà la Commissione europea a stabilire questa direzione, basandosi sulla spesa netta dei singoli Paesi. I governi dovranno invece pubblicare piani di bilancio di medio termine. 

Le nuove regole dovrebbero partire da subito e gli Stati membri dovranno presentare entro il 20 settembre i primi piani di spesa a quattro anni, estendibili fino a sette. 

Accordo sul Patto di stabilità, la riforma è sempre più vicina

Con questa traiettoria gli Stati garantiranno, al termine di un periodo di quattro anni, che il debito pubblico stia scendendo o comunque rimanga “a livelli prudenti nel medio termine”. 

I Paesi con un debito eccessivo, spiega il Parlamento Ue, saranno soggetti a una riduzione del passivo in media dell’1% l’anno in caso di debito superiore al 90% del Pil e dello 0,5% se il debito è tra il 60% e il 90% del Pil. Restrizioni comunque meno dure di quelle attuali (anche se mai applicate), secondo cui la riduzione deve essere annualmente di un ventesimo dell’eccedenza sopra il 60%.

Due le salvaguardie ritenute controverse: da una parte la sostenibilità del debito e dall’altra il deficit. Soprattutto su quest’ultima le posizioni sembravano distanti, con i Paesi più rigorosi che hanno concesso qualcosa sul fronte degli investimenti: in particolare la quota di cofinanziamento nazionale dei programmi Ue verrà esclusa dal conteggio della spesa del governo, creando così “maggiori incentivi agli investimenti”.

I Paesi potranno chiudere un allargamento del periodo di aggiustamento di bilancio, passando da quattro a sette anni, in caso di determinate riforme e investimenti per potenziare resilienza e crescita. Investimenti soprattutto riguardanti la transizione verde, quella digitale e la crescita economica, oltre che lo sviluppo delle capacità di difesa. Ora l’intesa politica deve essere approvata dal Consiglio e dal Parlamento Ue.