Paura di una guerra mondiale, aumento della povertà e insicurezza. Il rapporto annuale del Censis fotografa un’Italia malinconica e post populista

Il rapporto annuale 2022 del Censis rimanda l’immagine di un’Italia indignata dalle disuguaglianze economiche e spaventata dalla guerra.

Paura di una guerra mondiale, aumento della povertà e insicurezza. Il rapporto annuale del Censis fotografa un’Italia malinconica e post populista

È un’Italia disillusa e spaventata dagli eventi internazionali quella che viene raccontata nel rapporto annuale 2022 del Censis. Il Paese appare profondamente indignato dall’ostentazione di denaro e dalle disuguaglianze economiche mentre entra nel “ciclo del post-populismo”.

Il rapporto annuale del Censis fotografa un’Italia malinconica e post populista

Rimanda un’immagine drammatica e sconcertante dell’Italia il 56esimo Rapporto del Censis, la storica fondazione di ricerca socioeconomica che ogni anno redige il report. Secondo la fondazione, il Paese è “entrato nel ciclo del post-populismo” ed è dominato da una popolazione malinconica, terrorizzata dagli eventi globali che possono improvvisamente stravolgere il presente e il futuro, preoccupata dal palesarsi di inattese pandemie e dallo spettro della guerra mondiale.

I cittadini, inoltre, hanno dichiarato di essere disgustati dallo sfoggio costante di denaro e dalle profonde disuguaglianze economiche che percorrono il tessuto sociale. Proprio per questo si sono detti sempre meno disposti a seguire il mondo degli influencer e del lusso.

Nello specifico, l’84,5% degli italiani – soprattutto giovani e laureati – sono spaventati dal conflitto russo-ucraino e sono convinti che anche gli eventi geograficamente lontani possano impattare sulle loro vite. Il 61% teme che possa scoppiare la Terza Guerra Mondiale; il 59% si aspetta il ricorso alla bomba atomica; mentre il 58% ha paura che l’Italia stessa dichiari di entrare in guerra.

Paura di una guerra mondiale, aumento della povertà e insicurezza

Il report 2022 del Censis è stato stilato a cavallo di una atroce congiuntura che ha visto il susseguirsi di eventi catastrofici di portata mondiale. Dopo la pandemia da coronavirus, infatti, la scena internazionale è stata dominata dalla crescita esponenziale dell’inflazione e dalla crisi energetica. Si tratta di un quadro critico e delicato che esaspera vulnerabilità preesistenti r genera negli italiani “una rinnovata domanda di prospettive certe di benessere” ma anche “istanze di equità non più liquidalibili come aspettative irrealistiche fomentate da qualche leader politico demagogico”.

A questo proposito, il 92,7% dei cittadini italiani è certa che la corsa dei prezzi persisterà a lungo; il 76,4% crede che le entrate familiari del 2023 non subiranno alcun incremento; il 70% circa è convinto che il proprio tenore di vita peggiorerà. È in questo contesto che le forbici economiche diventano “socialmente insopportabili”. È in aumento, infatti, “la ripulsa verso privilegi oggi ritenuti odiosi, con effetti sideralmente divisivi: per l’87,8% sono insopportabili le differenze eccessive tra le retribuzioni dei dipendenti e quelle dei dirigenti, per l’86,6% le buonuscite milionarie dei manager, per l’84,1% le tasse troppo esigue pagate dai giganti del web, per l’81,5% i facili guadagni degli influencer, per il 78,7% gli sprechi per le feste delle celebrities, per il 73,5% l’uso dei jet privati”.

La tendenza alla “passività”

La rabbia degli italiani, tuttavia, non si traduce in forti contestazioni sociali. Mancano, infatti, “intense manifestazioni collettive come scioperi, manifestazioni e cortei” come testimonia anche il dato record dell’astensionismo elettorale.

La tendenza alla “passività” riguarda in circa il 54,1% degli italiani e circa quattro persone su cinque “non hanno voglia di fare sacrifici per cambiare”. L’83,2% non vuole dedicare il proprio tempo a rincorrere gli influencer; l’81,5% non vuole sperperare denaro per vestirsi alla moda; il 70,5% non ha intenzione di acquistare prodotti di prestigio; il 60% circa non scalpita per sentirsi più giovane o attraente.

Il Censis ha individuato una brusca frenata anche in campo lavorativo. Il 36,4% dei cittadini non vuole sacrificarsi per guadagnare di più o fare carriera.

Intanto, l’Italia appare sempre più vecchia e povera. Nel 2021, le famiglie in povertà assoluta corrispondevano a 1,9 milioni ossia il 7,5% del totale, facendo registrare un incremento di 1,1 punti rispetto al 2019. Rispetto all’età dei cittadini, invece, il 23,8% sono over 65 pari a +60% rispetto a trent’anni fa. E si attende che saranno il 33,7% tra altri due decenni. Il trend avrà ripercussioni su scuola e sanità. Nei prossimi vent’anni, è previsto uno “tsunami demografico” che vedrà tra i banchi di scuola circa 1,7 milioni di giovani in meno.

I giovani e l’occupazione nel rapporto annuale del Censis

Uno dei nodi cruciali del rapporto annuale del Censis, poi, riguarda i giovani che, anno dopo anno, in Italia sono sempre di meno nonostante siano i più qualificati di sempre. Il 28,3% è laureato. I giovani italiani, tuttavia, registrano un tasso di occupazione nettamente inferiore ai coetanei europei e hanno un reddito estremamente basso.

Gli under 14 sono 7,5 milioni ossia il 12,7% della popolazione mentre i 15-34enni sono 12,1 milioni ossia il 20,5% del totale, evidenziando un forte calo rispetto a due decenni fa. Per quanto riguarda l’occupazione, il tasso di occupazione dei lavoratori 15-34enni nel 2021 in Italia è stato pari al 41% a fronte della media europea del 56,5%. Il reddito medio lordo a parità di potere d’acquisto di un giovane di 18-24 anni in Italia è di 17.810 euro ossia -836 euro rispetto a quello di un coetaneo in Francia. Il divario si esaspera rispetto ad altri Paesi dell’Ue evidenziando una disparità di -5.232 euro rispetto al reddito di un giovane in Belgio, di -6.600 euro di un giovane in Germania e di -7.800 euro di un giovane in Austria.

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