Per l’alleanza tra Pd e M5S il primo laboratorio è Torino. Niente primarie, ma un nome condiviso per continuare a cambiare la città

Ma Renzi profetizza che l’alleanza tra Pd e M5S non funzionerà e che Giuseppe Conte, alla fine, rinuncerà a guidare il Movimento.

Per l’alleanza tra Pd e M5S il primo laboratorio è Torino. Niente primarie, ma un nome condiviso per continuare a cambiare la città

Il realismo dovrebbe essere un principio imprescindibile per chi fa politica: crearsi e creare delle illusioni non è mai una buona idea. Qualcuno dovrebbe spiegarlo a Matteo Renzi che, da politico di razza qual è, sa perfettamente che con un micro partito – da mesi inchiodato sotto al 3% – non sempre può riuscire a condizionare gli scenari e a pretendere che gli altri seguano le sue “illuminate” indicazioni. Come nel caso di quelle fornite in un’intervista a Repubblica nella quale il leader di Italia Viva profetizza che l’alleanza tra Pd e M5S non funzionerà e che Giuseppe Conte, alla fine, rinuncerà a guidare il Movimento.

“L’esperienza dei 5Stelle è al capolinea. Non mi stupirei se Conte provasse a fare qualcosa da solo. Credo gli convenga”. Consiglio non richiesto, ovviamente, a cui a stretto giro replica il pentastellato presidente della commissione Lavori Pubblici del Senato Mauro Coltorti: Evidentemente, il leader di Italia Viva, ha l’ossessione del Movimento 5 Stelle e non vede l’ora di celebrarne il funerale. Ma purtroppo per lui, il M5S è vivo e vegeto e quella che lui chiama ‘rissa’ interna è solo un normale dibattito interno di un partito che democraticamente discute e non accoltella alle spalle i propri compagni. Forse il disgelo tra Letta e l’ex premier non è andato a buon fine come sperava lo stesso Renzi? E dica, con chi dovrebbe allearsi il Pd se non con il M5s? Forse con la Lega?”.

La stessa “accusa”, cioè il fatto che Matteo voglia allearsi in qualche modo col suo omonimo – viste anche la sintonia sulle riaperture anticipate e la volontà comune di istituire una commissione d’inchiesta parlamentare sulla gestione della prima fase pandemica da parte di Speranza, Conte e Arcuri – arriva anche dall’ex governatore della Toscana ed esponente del Pd Enrico Rossi: “Scartata l’ipotesi di uno schieramento di centro sinistra con Pd e M5S non resta che una ‘alleanza strutturale’ con Salvini. Una scelta che sarebbe condizionata da potenti interessi che mirano ad appropriarsi dei fondi europei per una ripresa che benefici esclusivamente le grandi imprese e i territori più ricchi del Paese – dichiara tranchant Rossi – perché il tema è sempre lo stesso: fare la destra riesce sempre meglio alla stessa destra”.

Ipotesi smentita subito dalla viceministra delle Infrastrutture ed esponente di spicco del partito renziano Teresa Bellanova: “Direi con tutto il rispetto che Rossi ha preso un abbaglio: noi mai con i populisti, mai con i sovranisti”. Ma, mentre a Roma il fronte progressista aperto ai 5S, come auspicato dal segretario dem Enrico Letta non si realizzerà e Renzi – che in ogni caso nella corsa al Campidoglio appoggia Calenda non il candidato Pd – può stare sereno, non così a Torino, dove la partita è ancora aperta.

A rilanciare l’ipotesi di una alleanza per le elezioni amministrative tra Pd e M5s è la viceministra al Mef, la pentasetellata Laura Castelli (nella foto), che contesta “La scelta del Pd di puntare sulle primarie” che a suo dire confermerebbe “che non hanno il coraggio di cambiare la città” e propone di “lavorare su un nome condiviso”, come quello del rettore del Politecnico di Torino, Guido Saracco, “una figura che avvicina molti mondi, e a tutti i livelli. E se anche non fosse lui per motivi personali, con il suo aiuto bisognerebbe provare a trovare un nome equivalente”.

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