Per la Cassazione è reato commercializzare i derivati della Cannabis light. Vietata la vendita di olio, resina, foglie e inflorescenze

Commercializzare i prodotti derivati dalla Cannabis light è reato. E’ quanto hanno stabilito, oggi, le sezioni unite penali della Cassazione. Per la Suprema Corte “integrano il reato”, previsto dal Testo unico sulle droghe (articolo 73, commi 1 e 4, dpr 309/1990), “le condotte di cessione, di vendita, e, in genere, la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della Cannabis sativa L, salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante”.

La commercializzazione di Cannabis ‘sativa L’, spiegano i giudici della Cassazione, “e in particolare di foglie, inflorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientra nell’ambito di applicazione della legge 242 del 2016”, sulla promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa.

I giudici osservano, inoltre, che la legge del 2016 “qualifica come lecita unicamente l’attività di coltivazione di canapa delle varietà iscritte nel catalogo comune delle specie di piante agricole” che “elenca tassativamente i derivati dalla predetta coltivazione che possono essere commercializzati”.