Più Sicurezza con la fiducia. I frondisti M5S spalle al muro. Il ddl Immigrazione verso la blindatura. Così Di Maio silenzia i dissidenti al Senato

I pentastellati vogliono evitare che il Centrodestra ritrovi coesione e che Salvini diventi leader incontrastato

Voto di fiducia sì, no, forse. Quel che sembrava certo e quasi ufficiale ieri a metà mattina, è diventato totalmente incerto nel pomeriggio, per poi incrinarsi nuovamente in serata. Una giornata convulsa quella che si è vissuta ieri a Palazzo Madama sul Decreto Sicurezza che porta la firma del ministro dell’Interno Matteo Salvini. Ma partiamo da principio. In mattinata fonti del Governo fanno filtrare l’indiscrezione secondo cui sarebbe stata posta la questione di fiducia. Non pare per ragioni di tempo: il decreto – che scade il 3 dicembre – è approdato ieri in Aula al Senato, dove è iniziata la discussione generale.

A prendere tempo, però, è stato lo stesso Giuseppe Conte, che ha ammesso la valutazione in merito ma ha smentito che il governo ha già preso una decisione definitiva. “Porre la fiducia non è mai una decisione da prendere a cuor leggero – ha detto il presidente del Consiglio – Vengono valutate tutte le circostanze e quindi stiamo valutando questa soluzione, ci riserviamo fino all’ultimo, domani scioglieremo la riserva”. Il capo del Governo, poi, ha aggiunto che la fiducia è anche “un modo per richiamare alla responsabilità tutte le forze di maggioranza. Non è nulla di drammatico ma è un passaggio molto serio”.

Non è un caso che i malumori dei dissidenti, dopo queste parole, siano rientrati. “Senza la fiducia avrei votato contro il provvedimento, che credo finirà per produrre più irregolari – ha detto ad esempio Paola Nugnes – Ma siccome mi aspetto che questo governo farà in futuro cose buone, nel momento della fiducia uscirò dall’Aula. Ma posso assicurare che tutti i miei colleghi, nel merito di questa legge, la pensano come me“. Stesso pensiero è stato espresso, più o meno ufficialmente, anche da Matteo Mantero ed Elena Fattori. Chi resta sulle sue posizioni è Gregorio De Falco.

“Se metteranno la fiducia, vedremo – ha aggiunto non escludendo un voto in dissenso – Io confido molto nelle parole di Di Maio che ha detto che alcune correzioni al dl Sicurezza potranno essere decise in Aula”. Ieri mattina, intervistato a Circo Massimo su Radio Capital, il sottosegretario Stefano Buffagni ha commentato: De Falco “si assumerà le sue responsabilità. Se non si ritrova, sono certo che si dimetterà e tornerà a fare il suo lavoro”.

VIA D’USCITA – Una situazione di caos totale che si è diradata soltanto in serata, quando nei corridoi di Palazzo Madama si dava per più che plausibile il voto di fiducia. Per una ragione squisitamente politica: si vuole fare in modo, tra i pentastellati, che il provvedimento non passi con una larga maggioranza, potendo contare sul placet anche di Forza Italia e Fratelli d’Italia. La cosa rinsalderebbe il Centrodestra e, soprattutto, permetterebbe a Salvini di guadagnarsi il ruolo di leader sulla scena politica. Cosa che, ovviamente, relegherebbe il Movimento a ruolo di gregario. Molto meglio il voto di fiducia: “si tengono buoni i dissidenti e si costringono le opposizioni a fare le opposizioni”, si vocifera tra i corridoi. Oggi, dunque, verranno scoperte le carte. Che per molti sono già lette.