Nel 2025 l’Europa ha aumentato i salari minimi in quasi tutti i Paesi che li prevedono. Ma il guadagno reale, per chi è in fondo alla scala salariale, si ferma sulla soglia di casa: in media i percettori del minimo destinano il 34,8% del reddito all’alloggio, contro il 26,2% dei meglio retribuiti. È il dato che rovescia l’ottimismo dei grafici: i rialzi ci sono, la vita non costa meno. E l’autonomia diventa un lusso. Quasi uno su due tra i 16–34enni che guadagnano il minimo vive ancora con i genitori: 48,9%. La maggioranza non sceglie; è costretta. L’uscita dalla famiglia, nell’UE, avviene in media a 26,3 anni. Dove gli affitti corrono, l’età si allunga.
La fotografia di Eurofound è nitida: il costo della casa «smorza» l’effetto degli adeguamenti legati alla direttiva europea sui salari minimi. L’indice c’è, ma la vita reale è altrove: il carico abitativo si mangia l’aumento. Senza politiche integrate su affitti, edilizia sociale e sostegni mirati, il salario minimo resta un pavimento con l’acqua che sale.
Una generazione parcheggiata
L’abitare è il nuovo cuscinetto sociale, ma funziona al contrario: ammortizza comprimendo i progetti. La casa che non c’è frena la mobilità del lavoro, ritarda la formazione di famiglie, erode natalità. È un circuito chiuso: senza un tetto accessibile non si accetta un lavoro in un’altra città; senza lavoro stabile non si firma un contratto d’affitto. Nel mezzo, anni in sospeso.
Il paradosso si vede meglio nelle aree metropolitane: dove si trovano le opportunità, i canoni espellono i salari bassi. Milano ha raggiunto affitti medi che assorbono oltre metà del budget familiare; Roma segue a ruota. Il risultato è un doppio filtro: geografico e di classe. La «lotteria della nascita» — avere genitori con una casa capiente — pesa più del merito.
Il caso Italia: vuoto di legge, morsa metropolitana
L’Italia è una delle cinque eccezioni europee senza salario minimo legale. A differenza dei Paesi nordici, la copertura della contrattazione non basta a proteggere i lavoratori poveri, specie nei comparti più esposti. Da anni i salari reali ristagnano, mentre l’alloggio corre. Il risultato è un Paese ad alto costo senza una base salariale garantita: l’età di uscita dalla famiglia resta attorno ai 30 anni, ben sopra la media europea.
Sulla carta, la direttiva 2022/2041 spinge a misurare l’adeguatezza dei minimi; nella pratica, Roma evita la scelta. La proposta unitaria di opposizione per fissare 9 euro lordi l’ora è stata svuotata con una delega generica al governo. E quando la Toscana ha introdotto una soglia da 9 euro negli appalti, l’esecutivo l’ha impugnata ad agosto: un messaggio chiaro alle Regioni che provano a forzare la mano. Nel frattempo i canoni nelle grandi città restano a livelli storicamente elevati.
L’inerzia legislativa si somma a un’emergenza sociale che i numeri degli sportelli raccontano ogni settimana: sempre più famiglie chiedono aiuto per l’affitto, mentre i fondi nazionali a sostegno della locazione e per la morosità incolpevole vivono di rifinanziamenti episodici, mai strutturali. È la cornice in cui il lavoro povero paga il prezzo più alto.
Politica ferma, problema che corre
Il nodo è semplice: salari e casa non possono essere trattati come due dossier separati. Un minimo legale — o, in alternativa, un sistema che renda esigibili i minimi dei contratti realmente rappresentativi — sarebbe il primo argine contro i contratti pirata. Ma senza un piano casa credibile, l’argine salta. Servono offerta di edilizia sociale, regole sugli affitti brevi, standard nazionali per gli alloggi per studenti, detrazioni mirate sui primi contratti. Altrimenti la percentuale del 34,8% resterà il promemoria di una politica che alza la paga con una mano e regala l’aumento ai proprietari con l’altra.
L’Italia paga un conto doppio: non ha un salario minimo legale e non ha ancora un’idea di abitare all’altezza della crisi. La conseguenza è una generazione parcheggiata, una mobilità del lavoro inceppata, un Paese che perde capitale umano. Finché il governo continuerà a rinviare la scelta sui salari e a distribuire bonus a pioggia sull’alloggio, il divario tra redditi bassi e costo della casa resterà la vera tassa occulta sulla gioventù.