Chiara Saraceno, sociologa del Lavoro, che primo maggio festeggiamo?
“Un misto. Nel senso che c’è stata una ripresa dell’occupazione e anche di quella a tempo indeterminato e questa è una buona notizia. Ma non c’è dubbio che allo steso tempo i salari continuano a essere bassi, non tengono il passo dell’inflazione, e molte famiglie continuano a essere vulnerabili alla fragilità economica, anche se c’è al loro interno un lavoratore a tempo indeterminato. Alcuni dei contratti a tempo indeterminato, peraltro sono a tempo parziale obbligato. Magari poi con gli straordinari si arriva a un tempo pieno ma questo non contribuisce al montante pensionistico. A questo si aggiunga il rinnovo dei contratti in tempi biblici e il persistere della precarietà soprattutto tra i più giovani”.
Nel 2023 aumentano quanti svolgono un lavoro a termine da cinque anni e più.
“A volte questi lavoratori con contratti a termine da più di cinque anni stanno lavorando per la stessa azienda. Che evidentemente usa il contratto a termine in modo improprio, non per soddisfare picchi di lavoro ma come strumento di controllo dei lavoratori, per tenerli cioè sotto schiaffo, e soprattutto questi lavoratori non maturano mai l’anzianità. Col decreto lavoro dell’anno scorso sono state ampliate le possibilità di contratti precari. Quindi se prima c’era già un uso improprio ora è un liberi tutti”.
Altro tema è una forza lavoro sempre più anziana.
“Va benissimo che anche ultra 50enni e 60enni stiano nel mercato del lavoro ma il problema è che i più giovani fanno più fatica così a entrarci. Gran parte della ripresa dell’occupazione riguarda le età centrali. Ci lamentiamo che ci sono pochi giovani ma poi creiamo loro ostacoli per stabilizzarsi nel mercato del lavoro. Tanto che poi chi può emigra. L’invecchiamento della forza lavoro è un aspetto della questione demografica che dobbiamo aspettarci dal momento che c’è anche nella società l’invecchiamento della popolazione. Il problema è che questo è determinato non solo dalle riforme pensionistiche ma anche dalle difficoltà che hanno i giovani a entrare nel mercato del lavoro. E in questo gioca un ruolo anche la bassa istruzione”.
In che senso?
“Noi siamo un Paese con livelli di istruzione molto bassi. Le imprese investono poco in ricerca e capitale umano. Si basano più sui bassi salari che sull’innovazione. Però l’istruzione continua a essere una risorsa importante non solo per il tipo di lavoro che si trova ma anche per il fatto di trovarlo o meno. Questo vale per i giovani e in particolare per le donne. Crescenti disuguaglianze troviamo nel tasso di occupazione tra Nord e Sud ma anche tra donne con buoni livelli di istruzione e donne con bassi livelli. In particolare se hanno carichi familiari. Essere una donna con bassa istruzione, figli piccoli, e che vive al Sud significa avere poche opportunità. C’è un problema poi di politiche della formazione, a partire da quella scolastica. Il rafforzamento e il sostegno al capitale umano mancano nel nostro Paese. Poi le aziende ci mettono del loro. L’Italia è uno dei paesi in cui c’è poca formazione, anche quella continua sul lavoro. Ed è molto selettiva: quel poco che c’è riguarda i livelli medio-alti. E riguarda i lavoratori con contratti a tempo indeterminato”.
A gennaio il governo darà 100 euro ai lavoratori dipendenti.
“Fa ridere. Meglio che niente, si potrebbe dire. Ma è la spesa di due settimane. Siamo sempre alla politica dei bonus. Come puntare sulla defiscalizzazione per chi assume a tempo indeterminato nel momento in cui questo sta già accadendo non incentiva ad assumere. Forse bisogna incentivare le trasformazioni da determinato a indeterminato. Non serve un regalo alle imprese che comunque avrebbero assunto. E soprattutto il grande assente strutturale nel nostro Paese sono le politiche attive del lavoro. Anche rispetto ai nuovi strumenti che hanno sostituito il Reddito di cittadinanza. I corsi di formazione non ci sono e se ci sono, nessuno ne certifica la qualità”.
Ritiene ci sia una sorta di assuefazione alle morti bianche?
“Certamente. E anche qui qualcosa di negativo questo governo l’ha fatto. Se io avallo questo sistema di appalti e subappalti alla fine il cerino acceso può rimanere all’ultimo, fino a quello che muore”.