Parte il Senato non elettivo

Di Sergio Castelli

Sembrava doversi arenare e subire l’ennesimo rinvio. Ma invece nel tardo pomeriggio la maggioranza di governo, Forza Italia (fatta eccezione per Minzolini) e Lega hanno trovato la quadra sul ddl costituzionale che va a modificare la futura composizione di Palazzo Madama. Via libera quindi in Commissione Affari Costituzionali al testo che approderà in Aula soltanto lunedì della prossima settimana. Esame superato anche dall’articolo 2 riformulato dai relatori, Anna Finocchiaro (Pd) e Roberto Calderoli (Lega) relativo alle modalità di elezione “indiretta” dei senatori da parte dei consigli regionali. Il dibattito vero e proprio inizierà, poi, martedì e mercoledì quando ci saranno la presentazione degli emendamenti e l’inizio delle procedure di voto.

Come funzionerà
Sarà quindi un Senato di nominati perché i senatori verranno designati dai diversi consigli regionali. Nel nuovo impianto di Palazzo Madama ci saranno 95 eletti dai Consigli Regionali e altri cinque nominati dal Capo dello Stato e che resteranno in carica per 7 anni. Quelli eletti dalle regioni saranno ripartiti sulla base del peso demografico di queste ultime. I Consigli Regionali eleggeranno con metodo proporzionale i senatori tra i propri componenti; uno per ciascuna Regione dovrà essere un sindaco. Bocciata la richiesta di Forza Italia che chiedeva di inserire che in ogni Consiglio regionale a ogni gruppo consiliare fosse “assegnato” un numero di senatori in base al loro peso. Lega e Nuovo centrodestra si sono però opposte duramente e alla fine sono riuscite ad averla vinta; alla base della battaglia la certezza che la clausola voluta da Forza Italia “danneggiasse i piccoli partiti”. Il Senato avrà competenza legislativa piena solo sulle riforme costituzionali e sulle leggi costituzionali; i senatori potranno chiedere alla Camera dei deputati la modifica delle leggi ordinarie ma, allo stesso tempo, Montecitorio potrebbe decidere di ignorare la richiesta. Ci sono poi una serie di leggi che riguardano il rapporto tra Stato e Regioni, su cui la Camera potrà decidere di non dar seguito alle richieste del Senato solo respingendolo a maggioranza assoluta. La Camera dei deputati resterà quindi l’unica Assemblea legislativa e anche l’unica a votare la fiducia al governo.

L’area ostruzionista non molla
Contrari nella maniera più assoluta Movimento 5 Stelle, Sel e Augusto Minzolini che tra l’altro non ha preso parte al voto finale. Resta aperta la porta per eventuali modifiche in Aula e Paolo Romani prova a rassicurare su un voto compatto da parte degli azzurri. Vedremo. Anche se con l’ex direttore del Tg1 Minzolini ci sarebbero oltre 20 senatori, almeno negli intenti, pronti a non cedere di un centimetro. Sul piede di guerra i Cinque Stelle pronti a un ostruzionistmo spietato. “Soddisfatta”, il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi che guarda oltre e afferma: “Una volta approvato il testo al Senato torneremo immediatamente a dedicarci alla legge elettorale’’.

Italicum in vista
Anche sull’Italicum la contesa è aperta. Soglie di sbarramento ritenute troppo elevate dai piccoli partiti: sia quelle interne alla coalizione (4,5%) sia quella per correre da soli (8%). Lega e Ncd minacciano di bloccare il processo riformatore qualora non venissero ritoccate al ribasso. “Vedremo”, commentano dal governo. Ma il messaggio è arrivato forte e chiaro a chi di dovere.

GRILLO CI RIPENSA, PIZZAROTTI NON E’ PIU’ APPESTATO

Di Antonello Di Lella

Era uno di quelli finiti nelle grandi purghe grilline il sindaco di Parma Federico Pizzarotti. Scomunicato dal leader Beppe Grillo e pure da Gianroberto Casaleggio: praticamente un corpo estraneo al Movimento. Eppure stiamo parlando del primo sindaco grillino d’Italia non certo dell’ultimo arrivato. Dopo tanta riflessione sembra esser tornata la pace tra il vertice e Pizzarotti (che da par sua ha benedetto anche Luigi Di Maio per l’incontro con il Pd). Proprio nella giornata di ieri, infatti, un intervento del primo cittadino emiliano ha trovato spazio sul blog di Grillo. Su un tema spinoso e terreno di scontro con il leader pentastellato stesso: il tanto odiato e contestato inceneritore. Su cui tante promesse vennero fatte in campagna elettorale (di non metterlo in funzione, ndr) ma che alla fine venne aperto comunque, con relativa coda polemica tra i due fondatori del Movimento e il sindaco stesso. Solo un mese fa Grillo chiedeva a Pizzarotti risposte nel merito.

L’inceneritore della discordia
Le spiegazioni sono arrivate proprio ieri.Dall’apertura ad oggi la questione inceneritore ha subito tanti sviluppi. E il post di Pizzarotti fa il punto proprio su questo: “Dopo le sentenze del Tar che hanno spalancato le porte alla partenza dell’inceneritore, e nonostante un filone giudiziario ancora aperto per situazioni non chiare riguardanti la sua costruzione, la nostra battaglia politica non ha mai conosciuto soste”, scrive il primo ttadino ducale, “Oggi in strada non c’è più un cassonetto indifferenziato e la città è passata dal 46% al 70% di raccolta”. Ma andiamo al dunque e all’attacco agli oppositori politici: “L’inceneritore voluto dal Pd e dall’allora Pdl ha un vincolo tuttora vigente che ne prevede l’utilizzo solo per i rifiuti provenienti dalla nostra provincia”, spiega Pizzarotti, “ma il vincolo di servire solo il territorio è minacciato dal Pd, che a livello regionale e nazionale sta tentando di aggirare probabilmente per garantire carburante e profitti a chi questi impianti li gestisce”. La dura sferzata ai Dem in materia ambientale potrebbe aver convinto anche Grillo. Che sia scoppiata la pace? Chissà, questo lo vedremo. Senza dimenticare che solo ad aprile il leader pubblicava sul blog un post dal titolo: “Pizzarotti, perché parli?”. Mentre a giugno sul pomo della discordia inceneritore scriveva: “Le mancate promesse di Pizzarotti”.