La Sveglia

Propaganda continua: così si prepara il genocidio

Chi oggi chiede un cessate il fuoco, chi denuncia l’apartheid, chi osa parlare di pace, viene accusato di tradimento.

Propaganda continua: così si prepara il genocidio

“Il nostro mandato è finire ciò che abbiamo iniziato nel 1948“. Le parole pronunciate in Parlamento da Bezalel Smotrich, oggi ministro del governo Netanyahu, contro Ayman Odeh, palestinese eletto democraticamente alla Knesset, non sono uno scivolone. Sono una dichiarazione di intenti. È l’invocazione pubblica di una pulizia etnica, che si maschera da legittima difesa e si nutre di una strategia antica: la disumanizzazione del nemico.

Rula Jebreal, nella sua lezione all’Università per Stranieri di Siena, ha fatto ciò che l’Europa si rifiuta ostinatamente di fare: ha dato un nome alla realtà. Ha chiamato “plausibile genocidio” ciò che si consuma ogni giorno a Gaza, sulla base delle stesse definizioni usate dalla Corte Internazionale di Giustizia. Ha mostrato come la propaganda – quella che mescola la vittima e il carnefice, che cancella la storia pre-7 ottobre, che bolla il dissenso come antisemitismo – sia l’arma più efficace per rendere accettabile l’inenarrabile.

Jebreal ha ricordato che a morire sotto le bombe israeliane ci sono i nipoti dei profughi espulsi nel 1948. Che il potere, come scriveva Hannah Arendt, può imbavagliare la verità ma non sostituirla. Che è compito degli intellettuali, dei giornalisti e dell’università impedire che chi detiene la forza detenga anche il monopolio del racconto.

Chi oggi chiede un cessate il fuoco, chi denuncia l’apartheid, chi osa parlare di pace, viene accusato di tradimento. Eppure proprio l’arte di comprendere l’altro, come scriveva Virginia Woolf, è l’unico antidoto alla guerra. Sta a noi scegliere se stare dalla parte della complessità o della propaganda.