Province e Città Metropolitane ci costano ancora 6,8 miliardi di euro. Trieste è la più spendacciona

Secondo le stime del Centro Studi ImpresaLavoro la spesa corrente di Province e Città metropolitane si è attestata nel 2016 a 6,8 miliardi di euro

Domenica 8 gennaio 2017 si sono tenute le elezioni per il rinnovo dei Consigli in diverse Province italiane. Elezioni a cui hanno partecipato con diritto di elettorato attivo e passivo soltanto sindaci e consiglieri comunali delle Province interessate: una modalità istituita dalla legge Delrio in attesa della possibile abolizione totale delle Province, contenuta nella Riforma Costituzionale bocciata dal referendum dello scorso 4 dicembre. Le province, quindi, restano in Costituzione e rimane aperto il dibattito su quale potrà essere il loro futuro.

Al di là delle semplificazioni giornalistiche e politiche, però, anche dopo l’approvazione del ddl Delrio (aprile 2014), le Province hanno continuato ad esistere e funzionare. Secondo le stime del Centro Studi ImpresaLavoro la spesa corrente degli enti sovracomunali (oltre alla Province ci sono le Città Metropolitane di recente istituzione) si è attestata nel 2016 a 6,8 miliardi di euro. Una cifra stabile rispetto all’anno precedente ma in calo sia rispetto al 2014 (7,3 miliardi) che al 2011 (8,4 miliardi).

Larga parte di queste uscite sono attribuibili proprio alle amministrazioni provinciali che hanno fatto registrare nel 2016 spese correnti per 4,7 miliardi di euro, in leggero calo rispetto ai 4,9 miliardi del 2015. La flessione è più marcata se confrontata con gli 8,4 miliardi di spese correnti che le Province hanno sostenuto nel 2011. Il risparmio è stato in parte riassorbito dalle spese correnti sostenute dalle neo-costituite Città Metropolitane che hanno registrato nel 2016 uscite per questa funzione pari a 2 miliardi di euro (erano 1,8 nel 2015).

Una diversa analisi della spesa corrente nelle singole Province e Città Metropolitane consente di evidenziare situazioni molto diverse tra loro. ImpresaLavoro ha preso in considerazione la media delle uscite correnti delle Province e Città Metropolitane capoluogo di regione, ricavandone poi il dato pro-capite. Si tratta di un’elaborazione che non intende mettere in evidenza eventuali inefficienze amministrative ma soltanto sottolineare come sul territorio nazionale la riforma abbia avuto effetti diversi e come quello che comunemente definiamo come “Province” finisca per assumere competenze e raggi di azione molto diversi da territorio a territorio.

In testa per spese correnti effettuate c’è la Provincia di Trieste con 321 euro pro-capite, seguita da Potenza (216 euro), la Città Metropolitana di Firenze (172 euro), quella di Torino (154 euro) e la Provincia dell’Aquila (154 euro). Spendono invece meno di 100 euro pro-capite all’anno per cittadino le Città Metropolitane di Palermo (71 euro), Bologna (80 euro), Milano (95 euro) e Napoli (99 euro). Numeri che certificano come la fase di transizione si stia confermando piuttosto caotica con forti differenze territoriali rispetto alle spese sostenute dai singoli enti: a più di due anni dall’approvazione della riforma Delrio, infatti, le Province continuano a impegnare 4,7 miliardi di euro in spese correnti, a cui vanno aggiunti i 2 miliardi delle Città Metropolitane. Un’incertezza destinata ad aumentare in forza della mancata approvazione definitiva della riforma costituzionale.