A dispetto delle dichiarazioni di facciata sulla volontà di negoziare, Vladimir Putin appare più che determinato ad andare avanti con la sua personale – e ingiustificata – crociata in Ucraina. Complice il disimpegno americano, non ancora ufficiale ma di fatto già iniziato da mesi, i missili e le truppe di Mosca incontrano sempre meno resistenza, e nulla lascia presagire che la situazione possa cambiare. Anzi, tutto lascia pensare che sia in vista una nuova e brutale fase del conflitto, almeno secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, che cita fonti dell’intelligence statunitense e segnala un massiccio dispiegamento di truppe da parte del Cremlino.
Secondo il prestigioso quotidiano, Putin, forte della netta superiorità numerica, avrebbe ammassato 50.000 soldati a circa 20 chilometri dal confine con la regione di Sumy, con una mossa che sembra preludere a un’offensiva su larga scala in un’area dove, dati alla mano, le forze russe godrebbero di un vantaggio numerico di 3 a 1 rispetto a quelle ucraine.
Putin rilancia la guerra in Ucraina: 50mila soldati pronti a invadere Sumy
Insomma, la sensazione è che la guerra sia tutt’altro che vicina a una conclusione. Del resto, da settimane l’esercito dello zar sta aumentando la pressione lungo tutta la linea del fronte e intensificando la brutalità dei suoi raid aerei quotidiani. Tanto per capirci, domenica notte si è verificato quello che viene definito “il più massiccio raid di droni e missili contro l’Ucraina dall’inizio dell’invasione”, avvenuta nel lontano febbraio 2022.
Secondo le autorità di Kiev, in questo attacco sono state utilizzate almeno 537 “armi aeree nemiche”, cadute “su tutto il Paese e in particolare nelle province occidentali attorno a Leopoli”. I bombardamenti sono proseguiti anche ieri, quando – sempre secondo l’esercito di Volodymyr Zelensky – da Mosca sono stati lanciati 107 droni kamikaze, i micidiali “Shahed” acquistati dall’Iran della Guida Suprema Ali Khamenei, che hanno seminato morte e distruzione in tutto il territorio ucraino.
Parallelamente, le forze armate russe hanno continuato ad avanzare, assumendo il controllo della città di Chervonaya Zirka, nella Repubblica Popolare di Donetsk (DPR).
Kiev abbandona la convenzione contro le mine antiuomo
Davanti a questa recrudescenza del conflitto, l’Ucraina non è rimasta a guardare e ha lanciato attacchi al confine russo, in particolare nella regione di Kursk.
Ma non è tutto. Come anticipato nei giorni scorsi, e malgrado l’opposizione della comunità internazionale, il presidente Zelensky – seguendo l’esempio della Polonia – ha firmato un decreto che avvia l’iter di uscita dalla Convenzione di Ottawa del 1997, che vieta l’uso e la produzione di mine antiuomo.
Questi dispositivi di morte, secondo indiscrezioni, potrebbero essere dispiegati già nelle prossime ore, con l’obiettivo di rallentare il più possibile l’avanzata delle truppe russe.
Un annuncio che ha suscitato una dura reazione da parte del nuovo capo delegazione della Russia, Yulia Zhdanova, secondo cui “le organizzazioni internazionali stanno ignorando le accuse di crimini di guerra commessi dall’esercito ucraino contro la Russia”, affermando che “i nostri diplomatici a Vienna, Ginevra e New York hanno presentato centinaia di pagine di prove alle segreterie”, le quali, però, “sono finite nell’oblio, probabilmente sotto la pressione degli sponsor occidentali di Kiev”.
L’Ue insiste con le sanzioni e scatena l’ira di Mosca
In queste ore, a catturare l’attenzione della diplomazia internazionale è il nuovo scontro tra Russia di Putin e l’Unione Europea di Ursula von der Leyen. Il Consiglio dell’Ue, infatti, “alla luce delle continue azioni della Federazione Russa che destabilizzano l’Ucraina”, ha prorogato per altri sei mesi le misure restrittive nei confronti di Mosca.
Le sanzioni, secondo quanto riferito da Bruxelles, comprendono “un ampio spettro di misure settoriali, tra cui restrizioni al commercio, alla finanza, all’energia, alla tecnologia e ai beni a duplice uso, all’industria, ai trasporti e ai beni di lusso”, oltre a “il divieto di importazione o trasferimento di petrolio greggio e di alcuni prodotti petroliferi dalla Russia all’Ue via mare, la revoca dell’accesso allo SWIFT per diverse banche russe e la sospensione delle attività e delle licenze di trasmissione nell’Unione Europea di diverse fonti di disinformazione sostenute dal Cremlino”.
Una decisione che, assicurano dal Cremlino, causerà una “forte reazione” da parte della Russia nei confronti dell’intera Ue.