Quelle monetine antipatiche a tutti

di Stefano Sansonetti

Un mosaico piuttosto complesso. All’interno del quale le esigenze di spending review si incrociano con interessi economici di alcuni grandi gruppi. Il contesto di riferimento è quello della “lotta” che anche il parlamento italiano sembra voler fare alle monetine da 1, 2 e 5 centesimi di euro. Non solo scomode, ma anche responsabili di altissimi costi di produzione da parte dello Stato. Per questo una mozione di pochi giorni fa, approvata con largo consenso alla Camera, impegna il governo a valutare una riduzione della domanda delle monete di piccolissimo taglio, previa valutazione degli impatti sull’inflazione. Ma chi è che in Italia fornisce allo Stato il materiale per coniare i centesimi di euro? Ebbene, tra le aziende in campo c’è la Marcegaglia Buildtech, società che fa capo al gruppo di famiglia di Emma Marcegaglia, ex presidente di Confindustria e oggi presidente dell’Eni.

Il contesto
Chissà, magari questo coinvolgimento può contribuire a spiegare alcuni cambiamenti che la mozione ha subìto in corso d’opera. Presentato il 24 ottobre del 2013 a Montecitorio dal tesoriere di Sel Sergio Boccadutri, con la firma di molti altri deputati di Pd, Scelta Civica e M5S, il documento alla fine è stato approvato con un larghissimo consenso ma con un testo diverso da quello iniziale. La versione finale, infatti, impegna il governo a esaminare “l’opportunità di introdurre misure finalizzate a ridurre in maniera significativa la domanda di monete da 1 e 2 centesimi”. Toni decisamente più soft, dal momento che il testo iniziale chiedeva senza tanti complimenti di sospendere il conio delle monetine. La mozione cita dati secondo i quali la fabbricazione di una moneta da 1 centesimo di euro costerebbe 4,5 centesimi, la produzione dei 2 centesimi ne costerebbe 5,2 e quella dei 5 centesimi ne costerebbe 5,7. Insomma, una situazione antieconomica che, ricorda la mozione, ha già spinto paesi come Finlandia e Paesi Bassi a bloccare il conio delle suddette monete. In più, conclude il documento, risulta che dal momento dell’introduzione dell’euro la Zecca avrebbe fuso monetine per un costo complessivo di 362 milioni di euro, a fronte di un valore reale di 174 milioni. Ragion per cui ci sarebbero ampi spazi per una spending review.

Il business
Il fatto è che nel business della produzione delle famigerate monetine c’è il gruppo Marcegaglia. Nel febbraio del 2013, tanto per dirne una, la Marcegaglia Buildtech ha vinto dal Poligrafico un appalto del valore di 2 milioni e 937 mila euro per fornire “nastri in acciaio al carbonio per la produzione di semilavorati finalizzati alla coniazione di monete euro da 1, 2 e 5 centesimi”. L’appalto, della durata di un anno, era rinnovabile di ulteriori 12 mesi con un raddoppio dei costi. Il Poligrafico ha in tempi più recenti predisposto una nuova gara per la stessa fornitura. In ballo 6 milioni e 138 mila euro, stavolta per 24 mesi di tempo. Ma la procedura di aggiudicazione è stata dichiarata infruttuosa, con l’aggiunta da parte del Poligrafico che “l’appalto potrà essere oggetto di una nuova pubblicazione”. Certo, non che la Marcegaglia Buildtech basi tutto il suo business sulle monetine. La società, pur avendo aumentato il fatturato 2012 da 177,5 a 183 milioni, perde circa 14 milioni di euro l’anno e sta per chiudere uno stabilimento a Milano. Ma forse gli appalti del Poligrafico le fanno sempre comodo.
@SSansonetti