Raffica di scioperi in tutta Italia. Gli operai fermano le fabbriche. Sindacati sul piede di guerra: troppi settori ancora attivi Dopo i metalmeccanici si preparano i bancari

A tanti l’ultima direttiva emanata da Palazzo Chigi nella notte tra sabato e domenica ha fatto storcere il muso. E non per via della decisione di servirsi di Facebook e per via del fatto che, a detta delle opposizioni, non sarebbe stato coinvolto il Parlamento in decisione così drastiche. In una situazione d’emergenza inevitabilmente sono straordinari anche gli strumenti cui bisogna ricorrere per arrivare a più persone possibili. A scatenare l’ira di tanti è stato il contenuto stesso del decreto, a detta di tanti molto più “permissivo” di quanto si sarebbe potuto credere dal messagio di Giuseppe Conte. In altre parole, il tanto agognato “lockdown” non è poi così “lockdown”. Non c’è dubbio, infatti, che la lista delle attività industriali ritenute “essenziali” sia molto più lunga del previsto e lascia legittimi dubbi sulla decisione di inserire, ad esempio, anche il settore industriale della difesa.

CHI INCROCIA LE BRACCIA. Sono, dunque, i sindacati ad essere sul piede di guerra, specie in Lombardia. I lavoratori delle aziende metalmeccaniche della regione sciopereranno mercoledì 25 marzo per 8 ore, poiché ritengono che l’elenco delle attività lasciate aperte dal governo sia stato “allargato eccessivamente, ricomprendendovi settori che di necessario e di essenziale hanno poco o nulla”. “Il decreto assegna alle imprese una inaccettabile discrezionalità per continuare le loro attività con una semplice dichiarazione alle prefetture”, si legge in una nota di Fiom, Fim e Uilm. “Sono tutte scelte che piegano ancora una volta la vita e la salute delle persone alle logiche del profitto”. La richiesta dei sindacalisti, d’altronde, è chiara. Come affermato ieri dai tre segretari generali di Fim, Fiom e Uilm, Marco Bentivogli (nella foto), Francesca Re David e Rocco Palombella, “i metalmeccanici hanno affrontato con senso di responsabilità la situazione straordinaria determinata dall’emergenza coronavirus”.

Il Governo, proseguono, “dopo ripetute richieste e iniziative di mobilitazione ha riconosciuto la necessità di un Protocollo per la tutela della salute e di una cigo speciale Covid-19 per rallentare fino a fermare le produzioni non essenziali”. Il decreto dello scorso sabato, però, “prevede una serie consistente di attività industriali aggiuntive rispetto allo schema di codici Ateco presentato dal governo alle parti sociali nel corso dell’incontro la sera precedente. Il Governo, quindi, ha aggiunto lavorazioni estranee all’emergenza in corso”. Ma non è tutto. Sempre per il 25 marzo hanno proclamato uno sciopero i sindacati regionali lombardi Filtem Cgil, Femca Cisl, Uiltec, che riguarda i lavoratori delle aziende del settore chimico, tessile, gomma-plastica che non hanno produzioni essenziali e di pubblica utilità.

Nel settore aerospazio sono scattati già il 23 marzo i primi scioperi contro il decreto del governo. Ma nonostante la chiara posizione degli operai, in una nota Leonardo ha chiarito che non ci saranno passi indietro né di lato: “Il nostro è un settore altamente strategico ed il nostro obiettivo è garantire la continuità produttiva ma senza alcun compromesso sulla sicurezza e la salute”. “Ribadiamo – sottolinea ancora l’azienda – il massimo impegno per garantire a tutti i nostri lavoratori il massimo standard di sicurezza rispettando in pieno le prescrizioni stabilite dal Governo ed anche le ulteriori misure concordate con i sindacati attraverso il protocollo siglato pochi giorni fa”. Come dire: sacrosanta la tutela dei singoli dipendenti, ma la produzione non si fermerà. Scelta legittima, anche se non si comprende adeguatamente in che maniera tale settore sia “essenziale” in un periodo di emergenza sanitaria. Ma tant’è.

PURE I BANCARI. Ma non è finita qui. Gli scioperi potrebbero infatti, presto riguardare altri settori. I sindacati bancari Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin stanno preparando la mobilitazione della categoria, a partire dal 24 marzo, e minacciano anche loro uno sciopero generale. I segretari generali, in una lettera spedita all’Abi, a Federcasse, a tutte le banche, e, per conoscenza, al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte denunciano come “i dipendenti del settore, tra i quali si registrano molti casi di positività al coronavirus, non operano in condizioni di sicurezza”, senza mascherine, guanti e disinfettanti. Un poblema in più per il Governo, in un periodo l’unità nazionale sarebbe fondamentale. Ma affinché questa sia garantita, non si può far pagare un prezzo troppo alto soltanto ai lavoratori.