La Rai al guinzaglio della politica. Ecco la riforma che piace a Forza Italia. Disegno di legge del senatore berlusconiano Barachini. Placet della Vigilanza pure sull’Ad di Viale Mazzini

Il Dl sulla Rai del senatore di FI Alberto Barachini. Propone altri paletti per la raccolta pubblicitaria a vantaggio delle emittenti private.

La Rai al guinzaglio della politica. Ecco la riforma che piace a Forza Italia. Disegno di legge del senatore berlusconiano Barachini. Placet della Vigilanza pure sull’Ad di Viale Mazzini

Mentre torna ad accendersi il dibattito sull’importanza di rendere la Rai il più possibile indipendente dalla politica, dal senatore azzurro Alberto Barachini (nella foto) arriva un disegno di legge che va esattamente in direzione opposta. Il presidente della Vigilanza, sostenendo anche che la sua proposta è una sintesi del lavoro portato avanti dalla Commissione, da una parte batte sulle regole per il sistema pubblicitario, un aspetto particolarmente caro al Cav e non a caso al centro di diversi contenziosi, e dall’altra ridisegna la governance rendendola maggiormente assoggettata ai partiti.

IL PUNTO. Barachini, insieme alla collega Anna Maria Bernini, vice coordinatrice nazionale di FI, nel ddl presentato a Palazzo Madama, vorrebbe aumentare da tre a cinque anni la durata del mandato dei membri del Consiglio di amministrazione di viale Mazzini, sottolineando che “appare utopistico pensare che un triennio sia sufficiente a redigere e attuare interamente il piano industriale, specie se questo si pone, così come dovrebbe, obiettivi ambiziosi per il futuro dell’azienda”, eliminando però la possibilità di ottenere un secondo mandato.

I due esponenti azzurri puntano inoltre a uniformare la disciplina prevista per la nomina del presidente e dell’amministratore delegato della Rai, introducendo anche per quest’ultimo la condizione di efficacia del parere favorevole, espresso a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, della Vigilanza. E anche per l’Ad è previsto un mandato di cinque anni. I due senatori intendono inoltre applicare ai componenti degli organi di amministrazione e controllo del servizio radiotelevisivo pubblico, ad eccezione del l’amministratore delegato, il limite massimo retributivo di 240mila euro.

Un limite previsto anche per personale dipendente, collaboratori e ai consulenti. Modifiche poi ai contratti tra la Rai e le società partecipate, con almeno il 60% dell’offerta da realizzare con produzioni interne e l’eliminazione di appalti per la produzione di trasmissioni in diretta di rilievo nazionale. Temi che sono talmente a cuore a FI da far presentare a un altro senatore azzurro, Massimo Mallegni, un disegno di legge quasi identico a quello di Barachini, prevedendo però l’esatto raddoppio della durata del mandato per i componenti del CdA Rai: da tre a sei anni.

Dall’archivio: La Rai lottizzata conviene a tutti. Ecco perché la riforma non decolla. Parla il vice presidente M5S della Vigilanza, Di Nicola: “Il mio disegno di legge fermo al Senato da luglio 2019”.

OCCHIOLINO AL CAV. Il presidente della Vigilanza Rai e la senatrice Bernini non hanno dimenticato neppure di toccare il tema delle entrate pubblicitarie, da sempre faccenda cara a Silvio Berlusconi. Previsto dunque, per quanto riguarda gli spot, di applicare i limiti di affollamento ad ogni singola rete, anziché andare avanti con i limiti cumulativi, sostenendo che per le emittenti private “i limiti stabiliti ex lege si applicano ad ogni singolo canale”.

Aggiungendo che le risorse acquisite attraverso la raccolta pubblicitaria “devono costituire una fonte di ricavo accessoria per la concessionaria, che, godendo del finanziamento pubblico, nel relativo mercato deve agire nel rispetto più rigoroso dei principi di concorrenza, trasparenza e non discriminazione”. Tra gli obiettivi del disegno di legge azzurro presentato a Palazzo Madama da Barachini e Bernini c’è poi quello di aumentare le entrate della Rai, prevedendo l’attribuzione dell’intero gettito del canone alla concessionaria, con conseguente aumento delle risorse derivanti dal contributo pubblico, battendo però sulla necessità di uno sviluppo del digitale.