Giallo sull’addio di Ultimo e randellate nei servizi segreti, torna l’incubo degli apparati dello Stato deviati

Sono in molti a ritenere che il mistero italiano dell’estate passi per alcune domande ben precise. Il problema è che quando si parla di Servizi segreti...

Di cosa è venuto a conoscenza il “Capitano Ultimo” nell’anno in cui ha lavorato all’Aise? E sopratutto, eventuali dettagli scottanti sono a conoscenza anche del capo dell’Agenzia di intelligence estera, ovvero Alberto Manenti? Sono in molti a ritenere che il mistero italiano dell’estate passi proprio attraverso queste due domande. Il problema è che quando si parla di Servizi segreti va quasi sempre a finire che le risposte sono multiple. E ognuno, a patto che la verità vera non emerga, può darsi le risposte che preferisce. Come in un romanzo giallo con il finale aperto. Alcuni ipotizzano che De Caprio possa essere venuto a conoscenza di novità sensibili sull’inchiesta Consip.

Il quadro – Inchiesta che, giova ricordare, ha messo a soqquadro il “giglio magico”, coinvolgendo il papà di Renzi e il fedelissimo ministro dello sport Luca Lotti, e ha colpito alcuni alti esponenti dell’Arma dei Carabinieri, in particolare il numero uno Tullio Del Sette (recentemente confermato da Gentiloni) e il capo della Legione Toscana Emanuele Saltalamacchia. Lo schema di base, secondo le ricostruzioni relative alla cacciata di Ultimo dall’Aise, sarebbe stato un contatto mai perso tra il colonnello De Caprio e gli ex colleghi del Noe, in particolare il capitano Gianpaolo Scafarto, fino a qualche mese fa uno dei principali investigatori sul caso Consip. Come rivelato tempo fa da La Verità, Scafarto ha trasmesso alcuni file riservati alla segreteria di De Caprio. In uno di questi si parlava dello 007 Marco Mancini (già assurto agli onori della cronaca per il rapimento dell’imam Abu Omar), il quale avrebbe presentato a Italo Bocchino, ex parlamentare e poi lobbista dell’imprenditore Alfredo Romeo, l’ex numero uno della Cia in Italia Robert Gorelick.

Il retroscena – A quanto pare Romeo, poi azzoppato dall’inchiesta sull’appaltone Consip relativo al facility management, in quel frangente era interessato a una commessa della Marina militare americana e per questo avrebbe cercato un canale con l’ambasciata a stelle e strisce. Insomma, anche qui dettagli che in un modo o nell’altro riportano i ragionamenti all’inchiesta Consip, lanciata all’epoca dal pm napoletano Henry John Woodcock, uno dei più grandi estimatori e fruitori delle capacità del Capitano Ultimo. Ecco, tutto allora potrebbe riportare al tipo di informazioni acquisite da De Caprio nell’ambito di questi contatti mai tagliati con gli ex colleghi del Noe. Per questo, secondo alcune interpretazioni, è possibile che a un certo punto il Capitano Ultimo, pur inizialmente benvoluto da Manenti, sia diventato un problema da gestire. Da qui la cacciata, che lo stesso De Caprio ha seccamente smentito parlando di un rientro all’Arma dei Carabinieri come decisione “autonoma”.

Tornano le trame oscure. E il Governo non sta sereno

Ormai si sta delineando come la battaglia dell’estate. Perché comunque la si metta, l’uscita traumatica dall’Aise dal famoso “Capitano Ultimo” avrà sicuramente altri strascichi. Magari sotterranei, come si addice alla storia dei Servizi Segreti, ma sicuramente pesanti. Tra l’altro in queste ora si sta registrando sulla vicenda il silenzio assordante della politica. Per carità, non che dalla delicatezza della questione ci si potesse aspettare chissà che cosa. Ma l’imbarazzo cui cui ai piani alti del Governo si osserva la vicenda è sin troppo eloquente. I reseconti giornalistici di questi giorni hanno accreditato la versione della cacciata di “Ultimo”, ossia il colonnello Sergio De Caprio, dalla nostra agenzia di intelligence estera perché all’insaputa dei suoi vertici avrebbe continuato ad avere contatti con i suoi ex colleghi del Noe, in particolare con Gianpaolo Scafarto, fino a qualche mese fa uno dei principali investigatori del caso Consip (successivamente estromesso e indagato per falso).

La prima versione – Secondo queste ricostruzioni Ultimo avrebbe intrattenuto questi rapporti “a totale insaputa dei vertici dei servizi”. I virgolettati riguardano del resto proprio la versione fatta filtrare sulle agenzie di stampa dall’Aise, guidata da Alberto Manenti. Il quale, secondo diversi articoli di stampa emersi a gennaio, avrebbe fortemente voluto De Caprio all’Aise. Il tutto, si suppone, anche con il placet del ministro dell’interno Marco Minniti, che negli ultimi tre Governi (Letta, Renzi, Gentiloni) ha sempre avuto la delega sui Servizi segreti. Naturalmente né Gentiloni né Minniti (né ovviamente Renzi) si sono fatti sentire sulle vicende accadute nelle ultime 48 ore. E come detto questo silenzio, sebbene comprensibile, è piuttosto eloquente. Naturalmente sul piatto restano interrogativi enormi, il cui sviluppo dà la misura dello scontro in atto e della difficoltà di mettere a fuoco brandelli di verità. E’ per esempio possibile che Manenti non sapesse veramente nulla dell’attività svolta da Ultimo e da quella pattuglia di uomini che dal Noe erano con lui approdati a Forte Braschi? Se così fosse, non sarebbe come minimo imbarazzante per i massimi vertici dei Servizi segreti esteri constatare di non essersi resi conto di cosa accadeva a casa propria? Anche perché, a quanto pare, De Caprio era stato chiamato all’Aise proprio per curare un Nucleo sicurezza che riportava al massimo vertice dell’Agenzia, rappresentato da Manenti e dal suo braccio destro, ovvero il capo di gabinetto dell’Aise Giuseppe Caputo, in predicato in queste ore di essere promosso vicedirettore della stessa Agenzia.

Seconda ipotesi – E così, accanto alla versione di chi pensa che Manenti & Co. fossero veramente all’oscuro dell’attività di Ultimo, c’è la versione di chi pensa che Manenti non brancolasse proprio nel buio. E che il suo rapporto con De Caprio fosse arrivato a un punto di rottura nel momento in cui ci si è resi conto che Ultimo era a conoscenza di elementi a dir poco scottanti e politicamente sensibili. Nei misteri in cui confondere la verità, in ogni caso, si staglia anche la battaglia per la successione di Manenti, nominato da Renzi nel 2014, il cui mandato scadrà nel 2018. Una partita delicatissima, che potrebbe essere accompagnata da un bel seguito di sorprese.