Reddito di cittadinanza, le destre pagano più assegni ai migranti

Il leader della Lega Matteo Salvini prometteva che il Reddito di cittadinanza sarebbe andato solo agli italiani.

Reddito di cittadinanza, le destre pagano più assegni ai migranti

Matteo Salvini ci ha abituati alle sue balle. La lista delle promesse che ha dovuto rinnegare è lunga. Tra tutte svetta Quota 41 per potere andare in pensione e che al momento rappresenta una chimera. Per mancanza di copertura poi l’esecutivo ha congelato l’estensione della flat tax, altro cavallo di battaglia della Lega. L’ultima balla ce la ricordano i colleghi di Pagella Politica. Che in un fact-cheking ricordano come a partire dal 2018 fino alla campagna elettorale per le politiche del settembre 2022, il leader del partito di via Bellerio prometteva che il Reddito di cittadinanza sarebbe andato solo agli italiani. Ma anche tale promessa è caduta nel vuoto. Se è vero infatti che questo governo ha smantellato il sussidio ai poveri del M5S non è riuscito ad escludere dal beneficio gli stranieri.

Il leader della Lega Matteo Salvini prometteva che il Reddito di cittadinanza sarebbe andato solo agli italiani

Anzi, in virtù della revisione operata nel decreto del primo maggio, nel 2024 50 mila famiglie composte da stranieri, oggi escluse dal sussidio, potranno ricevere il nuovo assegno d’inclusione. Per richiederlo, infatti, il governo delle destre ha stabilito che non servirà più avere dieci anni di residenza in Italia, di cui gli ultimi due consecutivi (come previsto attualmente) ma solo cinque.

L’Upb fa i calcoli su quanti tra gli attuali percettori del Reddito di cittadinanza con le nuove norme del governo Meloni saranno esclusi dal nuovo strumento (Assegno d’inclusione) che ne ha preso il posto. Ma calcola appunto che ci saranno 50.000 nuovi beneficiari in più per via della modifica del vincolo di residenza. Dunque la conseguenza paradossale – dal punto di vista della lega di Salvini – è che il governo procede a una sforbiciata consistente dei percettori del Reddito di cittadinanza salvo quelli stranieri, anzi per questi appunto si prevede un allargamento della platea.

Eppure Salvini, che già di per sé aveva ingoiato ai tempi del governo gialloverde, sostenuto da Movimento Cinque Stelle e Lega, l’introduzione del sussidio, voleva impedirne senza successo l’estensione agli stranieri. Contro cui si opponeva, come ricorda sempre Pagella Politica, anche Fratelli d’Italia.

Nel settembre 2018, durante un question time in Senato, il senatore di Fratelli d’Italia, Luca Ciriani (attualmente ministro per i Rapporti con il Parlamento) aveva chiesto all’allora ministro dell’Economia e delle Finanze, Giovanni Tria, alcuni chiarimenti sul futuro reddito di cittadinanza. Tra le altre cose Ciriani aveva detto che Fratelli d’Italia era contraria al sussidio, ma favorevole in ogni caso a riservarlo solo agli italiani.

Nella sua risposta Tria aveva aperto alla possibilità che il sussidio potesse essere erogato anche agli stranieri, provocando i malumori dell’allora ministro dell’Interno e vicepresidente del Consiglio Salvini e dell’altro vicepresidente del Consiglio, Luigi Di Maio, leader del M5S. Qualche giorno dopo Di Maio corse a smentire Tria. “È chiaro – dichiarò – che è impossibile, con i flussi immigratori irregolari, non restringere la platea e assegnare il reddito di cittadinanza ai cittadini italiani”. “Una precisazione che accogliamo con grande piacere”, reagì Salvini.

È inaccettabile, secondo il diritto europeo, che una prestazione assistenziale come il reddito di cittadinanza possa essere data solo agli italiani, ricordò loro il presidente del Cnel ed ex ministro del Lavoro, Tiziano Treu. Tanto che il decreto legge che istituì nel 2019 il sussidio stabilì che gli stranieri potessero accedere al sussidio, a patto che fossero residenti in Italia da dieci anni, di cui gli ultimi due consecutivi.

In ultima battuta, in occasione della campagna elettorale del 2022, Salvini polemizzò con l’allora segretario del Pd, Enrico Letta, che nel suo programma aveva proposto di ridurre (ma non di eliminare) il requisito dei dieci anni di residenza in Italia per poter accedere al Reddito di cittadinanza, secondo le indicazioni elaborate dal Comitato scientifico per la valutazione del reddito di cittadinanza, guidato dalla sociologa Chiara Saraceno.

Secondo cui il requisito dei 10 anni di residenza in Italia produceva “una discriminazione nei confronti dei cittadini stranieri, limitandone fortemente la possibilità di accedere alla misura. Un simile criterio fa dell’Italia il Paese in Europa con i requisiti di residenza più stringenti: 10 anni, infatti, non sono previsti in nessun altro Stato.

Inoltre, tale previsione non risulta rispettosa delle direttive europee in materia di accesso alle prestazioni assistenziali, poste a tutela anche degli italiani all’estero”. Da qui la proposta di portare il periodo di residenza a 5 anni. Ebbene, delle preziose indicazioni del Comitato della Saraceno Meloni ha raccolto proprio questa nel decreto del primo maggio che ha riformato il Reddito di cittadinanza. Con buona pace di Salvini.