Referendum Giustizia, esplode il caso della consigliera del Csm Bertolini a rapporto da Meloni. Grosso: “Ecco perché bisogna votare no”

Polemiche per la presenza della consigliera Csm alla riunione segreta nella sede di FdI. E il presidente del comitato per il No spiega perché con la riforma Nordio cambierebbe tutto

Referendum Giustizia, esplode il caso della consigliera del Csm Bertolini a rapporto da Meloni. Grosso: “Ecco perché bisogna votare no”

Dopo il garante privacy (formalmente indipendente dai partiti) Agostino Ghiglia a rapporto da Arianna Meloni negli uffici di Fdi di via della scrofa, un altro caso scuote la politica. Protagonista questa volta la consigliera laica del Csm, Isabella Bertolini (già deputata di Forza Italia e della Lega), che martedì scorso ha partecipato a una riunione riservata e politica sempre nella sede di Fratelli d’Italia, insieme ai vertici del partito e a esponenti del governo, per definire la strategia del “Sì” al referendum sulla separazione delle carriere, come svelato dal Fatto Quotidiano.

Grosso: “Il caso Bertolini dimostra perché bisogna votare No”

Un altro esempio di come la terzietà di componenti di organi di garanzia – come lo è a tutti gli effetti il Consiglio superiore della Magistratura – sia messa spesso in dubbio dal partito di Giorgia Meloni.  “Il caso Bertolini dimostra con chiarezza perché al referendum sulla legge Nordio bisogna votare No“, commenta Enrico Grosso, presidente del Comitato per il No.

“Che una componente del Csm, l’organo che garantisce l’indipendenza dei magistrati, partecipi a un incontro di un partito di maggioranza – spiega Grosso – è un fatto oggettivamente inopportuno. Ma oggi, grazie alla Costituzione, questo non altera l’equilibrio tra i poteri dello Stato, perché i membri togati del Csm sono eletti dai magistrati e rappresentano un contrappeso autorevole e forte al potere politico“.

Ma, “con la legge Nordio”, fa notare il presidente del Comitato per il No, “succederebbe l’esatto contrario. I laici scelti dalla maggioranza parlamentare diventerebbero ancora più influenti, mentre i magistrati, scelti per sorteggio, sarebbero più deboli e privi di una legittimazione interna. Il risultato sarebbe un Csm inevitabilmente più esposto alla maggioranza di governo. Il caso Bertolini è un campanello d’allarme: ciò che oggi è solo una sgrammaticatura istituzionale e una caduta di stile diventerebbe la normalità. L’indipendenza della magistratura è un valore e un presidio essenziale dello Stato costituzionale”.

Insorgono anche le toghe di AreaDg

“Ho letto stamane che una componente del Csm ha partecipato ad una riunione in una sede di partito. Forse pensa che la riforma Nordio sia già in vigore e che la politica debba entrare direttamente nel Csm, mi pare un’altra buona ragione per votare no al referendum”, ha scritto invece Giovanni Zaccaro, segretario di AreaDg, l’associazione delle toghe progressiste.

Per Bonelli in gioco la tenuta democratica

Ma ieri si è fatta sentire anche la politica. Per l’Avs Angelo Bonelli non è solo una questione di opportunità, “è un tema di salute democratica. Se Csm e Autorità di garanzia mostrano prossimità politica con chi governa, la loro funzione di equilibrio viene meno”, attacca. “La democrazia italiana si fonda sull’autonomia dei poteri e sul rispetto rigoroso dei ruoli istituzionali. La vicenda ci fa capire come la riforma della separazione delle carriere sia uno strumento per la destra di mettere sotto controllo politico la magistratura. Quando gli organi di garanzia si intrecciano con gli interessi di un partito politico, è il corretto funzionamento della nostra democrazia a essere messo in discussione”.

M5s: “Col sì al referendum, costituzionalizzato il controllo della politica sulla Magistratura”

Sulla stessa linea M5s, per il quale è “l’ennesima dimostrazione di quale sia l’intento del governo Meloni: aumentare in modo esponenziale l’influenza e il controllo della politica sulla magistratura e in particolare all’interno dei suoi organi di autogoverno”. “Se vincesse il Sì al referendum verrebbe costituzionalizzato il controllo dei partiti politici sul potere giudiziario, carriere e provvedimenti disciplinari dei magistrati verranno decisi nelle sedi dei partiti di maggioranza”, dichiarano in una nota Stefania Ascari, Anna Bilotti, Federico Cafiero De Raho, Valentina D’Orso, Carla Giuliano, Ada Lopreiato e Roberto Scarpinato.

“Quando denunciamo che la magistratura – aggiungono -, in particolare i Pm, finiranno sotto le direttive del governo, non ci riferiamo solo al fatto che la riforma ponga tutti i presupposti per l’adozione di successive leggi che determineranno la fine dell’indipendenza e dell’autonomia dei giudici, ci riferiamo anche al fatto che già con il testo della riforma costituzionale la lunga mano della politica si allunga e aumenta la sua forza nei due nuovi Csm e nella nuova Alta Corte disciplinare, a scapito della componente togata”, aggiungono.

E concludono: “L’episodio denunciato oggi non ha bisogno di ulteriori commenti, con il governo Meloni stanno crollando tutti i capisaldi della separazione dei poteri, della correttezza istituzionale e anche del bon ton che si richiede a chiunque ricopra cariche pubbliche”.