“Credo ci sia una eccessiva ricerca di visibilità, una volontà di creare tensioni e suspense che personalmente non ho visto sulla revisione dei decreti sicurezza”. Non le manda a dire ai renziani il presidente M5S della Commissione Affari Costituzionali della Camera, Giuseppe Brescia, commentando l’ultimatum di Italia Viva sul Recovery Plan. E archiviando come “sospetti infondati” quelli di chi continua a sostenere che il voto di ieri sulla riforma del Mes sia l’anticamera della sua attivazione. Contro cui i 5S restano invece contrari.
Dopo giorni di fibrillazioni, i 5 Stelle e la maggioranza hanno trovato la quadra sulla riforma del Mes che è cosa diversa dalla sua attivazione. Il Movimento ha ribadito chiaramente che finché sarà al Governo l’Italia non ricorrerà a questo strumento, ma i vostri alleati non la pensano allo stesso modo. Anzi c’è chi sospetta che il sì alla riforma sia il primo passo verso l’attivazione del Mes. Si va in questa direzione?
“Sono sospetti infondati che non fanno i conti con la realtà. Il voto del Parlamento di ieri è stato chiaro. Per giorni si è parlato del nulla e dispiace che l’informazione continui a farlo nonostante una maggioranza e un Movimento Cinque Stelle compatto. Il Mes l’ha ratificato il governo Berlusconi, con la Lega e Giorgia Meloni. Non abbiamo votato per attivare il Mes, né per la sua ratifica”.
Risolta la grana del voto sul Mes, si è aperta quella del Recovery Fund. I renziani minacciano strali contro il Governo e persino il ritiro dei ministri se non sarà archiviato il modello di gestione dei Fondi Ue che Conte vorrebbe affidare a delle task force di esperti. Come se ne esce?
“Credo ci sia una eccessiva ricerca di visibilità, una volontà di creare tensioni e suspense che personalmente non ho visto sulla revisione dei decreti sicurezza. Quel metodo di lavoro deve essere un esempio per tutta la maggioranza. Non ci sono mai state polemiche di Italia Viva o di altri alleati su quel testo o sugli emendamenti. Ci siamo confrontati pensando a indicare le soluzioni, non i problemi. A volte bastano una telefonata in più, uno sguardo in più e una dichiarazione, anche anonima, in meno”.
L’accusa dei renziani è che, in questo modo, la gestione dei 196 miliardi del Recovery Plan sarebbe accentrata nelle mani del premier. Ergo: “Abbiamo tolto i pieni poteri a Salvini non certo per darli a Conte”. L’effetto rischia di essere questo?
“Spero non ci sia da parte di qualcuno la nostalgia di un passato che è passato, finito con un referendum disastroso. Discutiamo senza pregiudizi sulla task force, su uno strumento che possa dare impulso e certezza all’attuazione del Recovery Fund. È innegabile che bisogna correre. I ministeri come organizzazioni complesse hanno difficoltà già a gestire la normalità. Basti pensare alla mole di decreti attuativi ancora non adottati, troppo spesso legati a fondi non spesi. Figuriamoci in una situazione di emergenza”.
Alcuni osservatori hanno sottolineato il silenzio del Pd nello scontro tra Renzi e Conte. Cosa ne desume?
“Sono abituato a commentare le parole, non i silenzi. Dal Pd mi aspetto qualche parola chiara in più sul referendum propositivo e sulla legge sul conflitto d’interessi”.
I renziani lo hanno escluso categoricamente, ma c’è chi, dietro la minaccia di crisi sul Recovery Plan, vede aleggiare lo spettro del rimpasto. Lei è tra questi?
“Noi dobbiamo solo occuparci delle preoccupazioni degli italiani e il rimpasto non è tra questi. Mi sembra surreale discutere di rimpasto in una fase d’emergenza. Tutto questo allontana i cittadini alla politica e il Movimento Cinque Stelle non partecipa a questi giochetti. Forse i soldi del Recovery Fund fanno gola a molti. Noi siamo la garanzia di una corretta gestione di quelle risorse, con un piano chiaro. Preoccupiamoci di ripresa economica e di emergenza sanitaria”.
A proposito di Recovery Plan, stupisce che dei 196 miliardi il Governo abbia previsto di stanziarne soltanto 9 al capitolo Sanità. Anche perché le misure restrittive imposte agli italiani, prima con il lockdown e ora con l’Italia divisa in zone, sono state giustificate proprio per l’eccessiva pressione sul sistema sanitario causata dal Covid. Non le sembra un paradosso?
“Le linee guida della Commissione indicano che almeno il 37% dei piani nazionali vada alla transizione verde e il 20% alla transizione digitale e alla produttività. In questo quadro faremo un attento esame e quantificheremo esattamente le risorse necessarie. Quello sanitario è il tema principe e ad esso sarà riservata l’attenzione maggiore”.