Repubblica cambia direttore. Ma ai lettori serve ben altro. La stampa mainstream ha svuotato le edicole. Nelle redazioni però resiste il pensiero unico

Sottolineando che la scelta è stata degli editori, Calabresi ha annunciato ieri l’addio alla direzione della Repubblica

Sottolineando che la scelta è stata degli editori, Mario Calabresi ha annunciato ieri l’addio alla direzione della Repubblica. Da un piccolo giornale come questo non ci permetteremo nemmeno di sindacare un eccellente professionista come il direttore uscente e men che meno una corazzata dell’informazione nazionale qual è il giornale fondato da Eugenio Scalfari e straconsolidato da Ezio Mauro. Ma una rimozione di netto dopo poco più di tre anni (contro i venti anni ciascuno dei due unici predecessori) suscita qualche riflessione sullo stato più generale dell’editoria, e dunque dell’acqua nella quale anche noi nuotiamo, insieme a un numero sempre più esiguo di lettori e sempre più grande di agnostici fuggiti dalle edicole.

Chi segue La Notizia, ma ancor di più i social network, avrà letto chissà quante volte l’allusione ai “giornaloni” come fonte di una difesa irremovibile dello status quo. Sempre dalla parte del sistema – sia che questo si presenti con le vesti dei vincoli europei, delle regole del mercato o delle prassi del potere – Repubblica più di tutti gli altri quotidiani nazionali si è posizionata al centro di un’ortodossia che oggi convince sempre meno persone. Tutto ciò grazie alla sveglia che il web ha dato al pensiero, magari anche con tante idiozie ma certamente convincendo una platea vastissima a guardare verso un mondo se non più giusto almeno migliore.
segue dalla prima

Così, alimentati da una gestione criminale della globalizzazione e dalla pancia che ci è stata lasciata sempre più vuota, si sono radicati populismi e sovranismi, partiti con la fragilità dei primi dubbi sul pensiero mainstream e arrivati oggi a un’irremovibile convinzione delle proprie posizioni, tanto che i sondaggi confermano universalmente – dagli Stati Uniti a casa nostra – che le nuove leadership non sono scalfite da nulla: recessione, fuoco di sbarramento dei poteri forti e tentativi di riorganizzazione delle opposizioni compresi.

In questo scenario, sintetizzato al massimo per capirci, la Repubblica è diventata l’esatto opposto del giornale di successo che conoscevamo, quando negli anni ‘80 e ‘90 era un manifesto delle forze progressiste, e camminarci per strada tenendolo sotto braccio era segno di appartenenza a una corrente di pensiero. Nulla a che vedere, dunque, con il giornale che oggi fa da ultima spiaggia del Pd, tentando persino di supplire alla disorganizzazione del partito (indimenticabili i tentativi di riportare in vita nel dibattito politico da Prodi a Veltroni, per non parlare di quello che resta di Renzi).

Quello che è certamente sfuggito è che elettori fa tremendamente rima con lettori, e se la Sinistra cede gratuitamente il Reddito di cittadinanza ai Cinque Stelle non c’è poi da stupirsi se nessuno la cerchi più, e di conseguenza si interessi ai suoi giornali. Nel nostro piccolo, da quando su La Notizia abbiamo dato più spazio ai Cinque Stelle, sentendo che idee hanno parlamentari che nei grandi giornali non si fila nessuno, i nostri lettori sono esponenzialmente e costantemente aumentati.

Tutto questo ovviamente ha avuto un prezzo, perché da due anni due nessuna trasmissione televisiva delle reti Mediaset ha mai invitato un solo giornalista di questa testata, esattamente come le grandi trasmissioni Rai, parallelamente alle rassegne stampa di Tgcom24 e RaiNews24 dove siamo sistematicamente ignorati. Alla faccia del pluralismo e del cambiamento, non sono solo gli editori, ma anche molti giornalisti pigri e i loro omologatissimi direttori, a non volersi confrontarsi con le idee nuove, senza fare alcuno sforzo di curiosità intellettuale, limitandosi a raccontarci sempre la stessa Italia e le stesse idee che rassicurano lo status quo.

Un racconto di fronte al quale c’è poco da meravigliarsi se la credibilità dei giornali è scesa così in basso, e i lettori preferiscono informarsi sui blog piuttosto che affidarsi a finti progressisti diventati conservatori, che continuano a spiegarci come fare per non schiantarci e intanto si sono schiantati loro.